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Alternanza scuola-lavoro: senza industria non serve cultura, ma solo schiavi

by La Redazione
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Roma, 10 dic – Il potere della neolingua è veramente incredibile. Ha qualcosa di magico o quantomeno di alchemico, perché riesce solo cambiandogli nome, a trasformare la merda in nutella e convincere le masse a nutrirsene con avidità. Prendiamo il caso della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”. Ad occhi maliziosi potrebbe apparire come una reintroduzione del lavoro minorile sotto altre forme, ed in effetti più si chiariscono i contorni di questo progetto, più le cose sembrano dar ragione ai soliti cinici.

Di fatto stiamo parlando di 400 ore (200 per i licei) sottratte allo studio in favore di lavori rigorosamente non retribuiti per parassiti a nome “imprenditori” che così possono fare a meno persino di quelle pochissime regole che ancora esistono a tutela del rapporto di lavoro subordinato, come per esempio quelle sulla sicurezza e sulla salute. Pensiamo, solo per fare un esempio, al fatto che Mc Donald sfrutta 10.000 minorenni, quando in tutta Italia dà lavoro a circa 20.000 persone. L’alternanza si configura di fatto come sostituzione di manodopera gratuita a manodopera retribuita, né più né meno.

Quello su cui vogliamo porre l’attenzione è la differenza fra questa ed altre mille situazioni simili rispetto alla vulgata comune. Quale sarebbe la spiegazione più di moda per la disoccupazione involontaria di massa? Ma è chiaro, lo sviluppo tecnologico ha cancellato i “vecchi lavori” e quindi se vuoi essere “competitivo” devi studiare per apprendere i “lavori del terzo millennio”. Allo stesso tempo, si creano le condizioni perché centinaia di migliaia di ragazzi perdano preziose ore di studio per andare a spaccarsi la schiena presso aziende che con la scusa dell’alternanza scuola-lavoro se li contendono con le unghie e con i denti per lavori servili ed umilianti, a valore aggiunto prossimo allo zero. Di più, perché al contempo la scuola pubblica è stata disinnescata nel suo contenuto formativo e privata anche dei minimi mezzi di sussistenza fisica.

Cosa c’è che non va nella coesistenza di una narrazione “turbo-industrialista” e di una realtà ottocentesca vagamente vittoriana? Semplice: il futuro che hanno progettato per l’Italia non è quello di un’economia industriale, per cui effettivamente sarebbero utili competenze e conoscenze avanzatissime nei settori all’avanguardia. Per l’Italia il futuro sarà nel turismo, nei servizi e nella “cura della persona”, per cui non è nemmeno necessario conoscere l’italiano.

Chiunque è in grado di portare una pizza al tavolo di un turista tedesco con i calzini bianchi e segnare su una comanda se la medesima era Napoli o 4 stagioni. Ce lo dicono in tutti i modi possibili, da ultimo con la reintroduzione della schiavitù minorile: “Italiani, tornate ad essere gli sciuscià che tanto amiamo”.

È anche per questi ragazzi che la battaglia per la sovranità ha un senso. Il loro futuro è già deciso, almeno rebus sic stantibus: o rimanere in Italia a fare i camerieri o emigrare (sovente per fare le stesse cose). È anche per loro che combattiamo, ed è anche per loro che esiste questo giornale.

Matteo Rovatti

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Tony 10 Dicembre 2017 - 1:44

….” lavori servili ed umilianti…” non esistono lavori umilianti se è un lavoro, un vero lavoro: retribuito giustamente e con giuste tutele..Chiarito ciò… La scuola dovrebbe avere un legame stretto con il lavoro, in relazione alle materie studiate ( es: se si studia al ”nautico” giusto è frequentare cantieri nautici e imbarcazioni per vivere un’esperienza diretta della materia studiata ) .Altra cosa è fornire maestranze gratuite alla MC & c…Temo che dietro a questa ”furbata” ci siano i soliti ”rendono più della droga”..

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