Roma, 27 nov – “Il giorno più lungo del Giappone”, così titolava un bellissimo film giapponese, che narrava le vicende del giorno della resa dell’Impero del Sol Levante, nell’ultima guerra mondiale. Per quanto riguarda Roma, un giorno molto particolare è sicuramente il 17 novembre, che fu la data di nascita dell’imperatore Vespasiano a Falacrinae (odierna Cittareale, in provincia di Rieti nel 9 d.C.) ma anche quella della morte, oltre 350 anni dopo, dell‘imperatore Valentiniano in Pannonia (375 d.C.), con la successione a imperatore del suo figlio Graziano.
Nato in sabina (ma la madre era di Norcia), Tito Flavio Vespasiano ricoprì diversi ruoli militari in giro per quasi tutto il territorio dell’Impero, sempre combattendo. Racconta Svetonio: « […] ebbe trenta scontri col nemico. Costrinse alla resa due popolazioni, più di venti città fortificate e l’isola di Vette, che è molto vicina alla Britannia, agli ordini sia del legato consolare Aulo Plauzio sia dello stesso Claudio. Per questo ricevette le insegne del trionfo e, in breve tempo, due sacerdozi, e inoltre un consolato che esercitò negli ultimi due mesi dell’anno. »
Vespasiano fu acclamato imperatore dai suoi soldati, in un periodo di grossa instabilità, seguito alla morte di Nerone. Inizialmente titubante ad accettare, i soldati arrivarono quasi a minacciarlo di morte per convincerlo. Fu un ottimo imperatore, iniziò fin da subito a ristabilire la disciplina nell’esercito e a risanare l’erario (celebre la tassa sugli orinatoi pubblici “pecunia non olet”, che da allora presero il suo nome). Non esitò a far condannare a morte chiunque ritenesse aver messo in pericolo la sicurezza dell’Impero. Governò sempre seguendo il suo istinto incorrotto che gli proveniva dalle origini contadine. Fu sempre esempio di vita semplice e condannò il lusso e la decadenza della nobiltà, mentre al contrario favorì l’ascesa di uomini abili e onesti. Simpatico l’episodio tramandato di quando tolse la prefettura a un giovane che giudicò corrotto per via dell’abuso di profumo, dicendogli : ”Avrei preferito che puzzassi d’aglio”. Mantenne sempre la sua salute, anche con un giorno di digiuno al mese.
Tutelò i confini dell’Impero, a nord pacificando e assoggettando i germani e i britanni, a oriente annettendo la Giudea come provincia, dopo averne conquistata la capitale Gerusalemme (con l’esercito comandato dal figlio e futuro successore Tito), al termine di un lungo assedio. Un arco trionfale alle pendici del Palatino (tra i pochi sopravvissuti alla furia distruttiva cristiana), ricorda ancora oggi questa conquista. Fu proprio con il ricchissimo tesoro di Gerusalemme che furono avviati i lavori del più grande anfiteatro, noto con il nome di Colosseo, completato poi sotto il regno del figlio Tito che lo inaugurò con spettacoli straordinari durati cento giorni. Dopo la caduta di Gerusalemme, il mondo romano conobbe nove anni di pace e il tempio di Giano fu di conseguenza chiuso (le porte del tempio venivano aperte in tempo di guerra, praticamente quasi sempre durante tutta la storia di Roma). Scrive Svetonio che prima della sua morte Vespasiano disse: « È opportuno che un imperatore muoia in piedi », ad indicare quel principio verticale che aveva cercato di incarnare nella sua vita, combattendo sempre al servizio dell’Impero.
Di Graziano si ricordano soprattutto gli atti formali che contribuirono ad abbattere il culto pagano, oltre a favorire l’affermazione del cristianesimo, con l’editto di Tessalonica, che dichiarava il cristianesimo religione di Stato : ” Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che San Pietro apostolo ha insegnato ai Romani….; cioè che, conformemente all’insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste”. Ma ancor più famosa e infelice fu la decisione di Graziano di rimuovere dal Senato la statua e l’altare della Vittoria, nel 382, togliendo a Roma la mistica protezione assicurata da quell’ente. Infine, Graziano fu anche il primo imperatore a rifiutare di officiare come pontefice massimo, designando il Vescovo di Roma (che in seguito sarà il Papa) a suo successore. Morì assassinato, a soli 24 anni, dal suo stesso magister equitum, dopo essere stato sconfitto.
Un gigante Vespasiano, il suo opposto Graziano: eppure ogni giorno, nelle nostre vite comuni, con le nostre azioni decidiamo a quale principio dare forza. Da quale parte avremmo combattuto, nel giorno più lungo dell’Impero?
Marzio Boni