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Giovannino Guareschi e Ignazio Silone, due scrittori sulla stessa strada?

by La Redazione
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Roma, 26 ott – Potrà apparire “forzato” l’accostamento tra i due scrittori Giovannino Guareschi (di sicure convinzioni anticomuniste) e Ignazio Silone (tra i fondatori del Partito Comunista Italiano, nel 1919, ma che poi abbandonò il partito). Eppure – possiamo cominciare da qui – entrambi sono nati il 1° Maggio del 1900, all’inizio del secolo che viene definito “breve”, perché devastato dalle due guerre mondiali: la Prima (1914-1915, ma l’Italia vi entrò nel 1915) e la Seconda (1939-1945, ma l’Italia vi entrò nel 1940). Nati lo stesso giorno, ma non in un giorno qualunque: la “Festa dei Lavoratori”. Le note musicali che accolsero nella culla Giovannino Guareschi furono quelle de “L’Internazionale”, inno socialista, ed egli (divenuto adulto) quando lo ascoltava – pur avendo ben presto preso le distanze da quella cultura – si commuoveva. A Fontanelle di Roccabianca (nel Parmense) si festeggiava la tradizionale festa e il capo dei socialisti, Giovanni Faraboli, amico del papà di Guareschi (Primo Augusto), stava tenendo un discorso. Quando Giovannino venne al mondo lo mostrò orgoglioso ai “compagni” radunati per l’occasione. Faraboli ispirerà in futuro il personaggio di Peppone, Sindaco comunista nei racconti di don Camillo. Oltre 560 chilometri più a Sud, nella zona della Marsica, in Abruzzo, a Pescina (un piccolo centro rurale), nello stesso giorno nasceva Secondino Tranquilli (Ignazio Silone). L’infanzia fu, però, ben diversa: il piccolo Giovannino a giocare nei campi vestito con un “sottanone” (come si usava allora) e una “micca” di pane che doveva durare tutto il giorno; Secondino, invece, perse ben presto il papà (nel 1911, mentre si stava affacciando all’adolescenza); trauma certamente ben maggiore in una località così agreste, come poteva essere Pescina agli inizi del ’900. A soli 15 anni, poi, una tragedia si abbatté per tutti su quella zona dell’Abruzzo (e nel Lazio): il terremoto del 13 Gennaio – oltre 30.519 morti – ove perì la mamma di Secondino. Egli la vide estrarre dalle “orride macerie”. Scriverà al fratello il 25 Maggio:

«Ho rivisto anche la nostra casa dove vidi, con gli occhi esausti di piangere, estrarre la nostra madre cerea, disfatta. Ora il suo cadavere è seppellito eppure anche là mi parve uscisse una voce. Forse l’ombra di nostra madre ora abita quelle macerie inconscia della nostra sorte pare che ci chiami a stringerci nel suo seno. Ho rivisto il luogo dove tu fortunatamente fosti scavato.»… (La lettera è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma – Ministero dell’Interno – Direzione Generale Amministrazione Civile – Ufficio Servizi Speciali, Terremoto della Marsica, 13 Gennaio 1915, b.83 “Richieste di sussidi da parte di studenti. Lettera T”).

L’impronta cristiana dell’Italia ancora cattolica di quei tempi non sembra segnare il piccolo Secondino, traspare da questa stessa lettera dove la sua mamma gli appare «inconscia della» sua «sorte» e di quella del fratello (e non come un’anima protettiva nei confronti dei figli) e anche dal fatto che nel vedere don Orione prodigarsi per aiutare i bambini rimasti orfani dopo il terremoto, questi gli appaia come uno «strano prete», perché non indossava la tonaca che era tipica dei sacerdoti. Forse egli abbinava, nella propria mente, quella tonaca nera alle sole severe prediche nella chiesa e non a quello spirito di Carità che dovrebbe animare tutti i cristiani. Silone recupererà un rapporto speciale con don Orione durante gli spostamenti da un collegio all’altro, quando (trasferitosi da Roma) lo rincontrerà a Sanremo. Il loro rapporto durerà per anni.

* * *

Questi due finissimi Autori dimostreranno specialmente di essere uomini liberi, saranno tradotti in tutto il mondo ed entrambi snobbati dalla “cultura ufficiale” italiana durante il loro tempo. Sia Guareschi, sia Silone saranno incredibili “inventori del vero”: dall’osservazione di situazioni e persone reali trarranno pagine suggestive e coinvolgenti. E pensare che, quando Silone da alla vita “Fontamara” (il suo primo e più conosciuto romanzo) alcuni tentano di scoraggiarlo. Nella loro attività saranno entrambi puntuali e precisi, specialmente Giovannino Guareschi, che lascerà agli eredi ordinati appunti che permetteranno agli eredi (i figli Alberto e Carlotta) di pubblicare numerosi  testi postumi. Se per l’uno (Guareschi) vi saranno il lager nazista (durante la Seconda Guerra Mondiale) e un anno di prigione durante la democratica Repubblica Italiana, per il secondo (Silone) vi saranno la prigione e l’esilio durante il periodo del Fascismo. Nel cuore dell’uno e dell’altro il forte desiderio di tornare alla propria terra: Guareschi nella Bassa padana e Silone nella Marsica. Egli indicherà esattamente il luogo dove desidera essere sepolto:

«Mi piacerebbe di essere sepolto così, ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, in Pescina, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino in lontananza». Guareschi, invece, tornò nella Provincia di Parma acquistando una casa proprio accanto alla casa dove venne al mondo il maestro Giuseppe Verdi, quindi, non nella sua Fontanelle di Roccabianca, ma alle Roncole di Busseto (oggi Roncole Verdi). Poco più che un «fazzoletto di terra», come viene descritto nella prima biografia su Giovannino Guareschi scritta da Beppe Gualazzini. Strane, per entrambi, la storie dei loro nomi. Guareschi fu battezzato con un diminutivo: Giovannino, e quando venne processato si presentò con il suo vero nome suscitando l’ilarità del pubblico presente in aula e dei giornalisti. Il Magistrato lo invitò ad avere più rispetto per la Corte, ma egli si scusò, chiarendo che quello era il suo vero nome: Giovannino e non Giovanni come molti pensavano. Silone era uno pseudonimo, che divenne legale dopo che lo scrittore marsicano ne aveva assunti vari in precedenza. Lo usò per la prima volta nel 1923 a Barcellona e così firmò alcuni articoli per il settimanale politico “La Battaglia”. Questa scelta ha origine addirittura nel 90 a.C. quando un altro uomo della Marsica (nato nelle vicinanze di Pescina) era impegnato nella guerra sociale contro Roma. Costui era Quintus Pompedius Silo. La guerra si concluse con la “Lex Julia” che poneva le basi per un nuovo ordine sociale garantendo condizioni di franchigia. Vi è certamente analogia tra l’impegno dello scrittore Silone e il suo antico conterraneo: un impegno nella ricerca della giustizia, senza rinunciare alla propria “appartenenza”, ma senza essere o apparire mai “di parte”. Sembra un gioco di parole ma è così. Una sfumatura che avvolge anche la vita di Giovannino Guareschi.

Pierluigi Arcidiacono

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