Roma, 18 lug – Ritorno brevemente sulla questione dell’Eurasia, prendendo in esame uno scritto che mi pare assai esemplificativo, cioè la “Presentazione” di Tiberio Graziani al testo di Claudio Mutti, L’unità dell’Eurasia. Graziani parte dal sintagma di Huntington dello scontro di civiltà, dandone una lettura errata, in quanto trasforma una possibilità, appunto lo scontro di civiltà, in una inevitabilità.
Ora, chiunque abbia letto l’opera di Huntington sa bene che lo studioso americano se da un lato giustamente non cade nell’irrealtà irenistica di chi vorrebbe cancellare per sempre il conflitto dalla storia e dalla politica, dall’altro però non ritiene nemmeno il conflitto l’unico, inevitabile esito dei rapporti tra le civiltà, cosa, oltretutto, affermata a chiare lettere nell’ultimo capitolo: “la principale lezione che la storia delle civiltà ci insegna è che molte sono le direzioni probabili, ma nessuna inevitabile”. Da qui le regole dell’astensione e della mediazione congiunta, tendenti proprio a tenere sotto controllo o arginare l’esplodere della conflittualità internazionale.
Da questo errore ne proviene un altro, ben più grave. Volendo opporsi a questa presunta assolutizzazione del conflitto, Graziani cade nell’assolutizzazione eguale e contraria, ossia afferma che tra Asia ed Europa in realtà non ci sarebbe mai stata conflittualità, in quanto, testuale, “l’opposizione tra Europa ed Asia è sempre stata una opposizione artificiale”, con l’aggravante però, a differenza di Huntington, di credere davvero in questa sua lettura irenica e ‘dialogante’.
È chiaro, insomma, che ci si trova di fronte a una interpretazione del tutto ideologica e antistorica dei rapporti tra i due continenti. Pertanto, se si vuole affermare l’unità dell’Eurasia con tali argomenti, è bene rendersi conto che si ottiene il risultato opposto, quello cioè di rendere sempre più chimerica e indimostrata l’ipotizzata unità storica, politica e culturale tra Europa ed Asia.
Giovanni Damiano