Roma, 15 lug – Qualche riflessione sparsa, per continuare il discorso sulla geopolitica, stavolta intorno alla nozione di Eurasia, che rimanda, sin dal nome (coniato nell’Ottocento), a una prospettiva che vede l’Asia e l’Europa saldate in un’unica enorme massa continentale, di cui l’Europa costituirebbe l’estrema propaggine “occidentale”. Il problema però sta nel capire se a questa unità geografica corrisponda un’unità politica, dal momento che solo in presenza di tale unità politica si potrebbe parlare di Eurasia non solo in termini meramente geografici ma appunto geopolitici. Ora, a ben vedere, sin dall’antichità, e già in ambito geografico, era invalsa la distinzione tra Europa ed Asia, ovvero la chiara percezione di trovarsi di fronte non tanto a un’unità quanto a una fondamentale differenza tra i due continenti. Non solo, perché esaminando i tentativi storicamente realizzatisi di collegare Asia ed Europa, ci si accorge che hanno finito per acuire in maniera esponenziale la conflittualità tra i due continenti piuttosto che favorire il loro incontro “dialogico”. Basti pensare agli unni, agli arabi, ai mongoli e ai turchi.
Discorso a parte, perché avvenuto in direzione opposta, è quello relativo all’intento “ecumenico” di Alessandro Magno, comunque radicalmente estraneo alla cultura europea in quanto progetto universalistico poggiante sul modello achemenide, a sua volta esemplato su quello assiro e, a ogni modo, tramontato già con la morte del grande macedone. Pertanto, il solo contesto in cui l’Eurasia può giocare un ruolo storicamente concreto è quello russo. Ma anche in questo caso, l’eurasiatismo non è che una delle “anime” (e tra le più marginali) della Russia e della sua lunga storia, quindi da non enfatizzare oltremisura. E senza contare che si può benissimo stabilire una salda partnership strategica con la Russia pur in assenza di ogni riferimento, pratico o ideale che sia, all’Eurasia…
Giovanni Damiano
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