Roma, 27 giu – Sono maschi, sono giovani, non hanno istruzione ma, in compenso, hanno un sacco di problemi mentali. L’identikit degli immigrati ospitati a spese dello Stato italiano è impietoso, ma non arriva da qualche sito populista, bensì dal nuovo “Atlante Sprar 2016”. Tale sigla, come noto, sta per “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”. Una rete che nel 2003 contava su 1.365 posti dislocati sul territorio nazionale, mentre lo scorso anno ha accolto 34.039 persone. Nel 2016, infatti, solo il 9,6% di loro ha ottenuto lo status di rifugiato. Per il resto, il 47,3% degli accolti è richiedente protezione internazionale, il 28,3% è invece titolare di protezione umanitaria, il 14,8% di protezione sussidiaria. Tutte formule che implicano situazioni di rischio molto più vaghe rispetto a quella del rifugiato che “scappa dalla guerra”.
Vediamo poi la mitologia delle “donne e bambini” da soccorrere: ebbene, l’86,6% degli accolti è di genere maschile. Spicca, per presenze femminili, il solo gruppo nigeriano, anche se il rapporto si guarda bene dal dire che si tratta di schiave destinate al mondo della prostituzione, soggiogate da una vera e propria mafia che fa uso anche di riti vudù per abbrutire le sue vittime. Per quanto riguarda l’età degli stranieri accolti, la componente maggiormente rappresentata è quella della fascia d’età che va dai 18 ai 25 anni (46,5%); diminuisce quella immediatamente successiva, che comprende le persone fra i 26 e i 30 anni che si attesta al 22,1%. E i “minori non accompagnati”? Il 47% di loro, al momento della rilevazione, era già neo maggiorenne. Il 44,6% dei minori è invece compreso nella fascia d’età tra i 16 e i 17 anni, il 7,3% tra i 14 e i 15 anni mentre i più piccoli, tra 0 e 13 anni, sono poco più dell’1%. Eccoli, quindi, i “bambini” da salvare.
Va sottolineato anche che l’84,4% degli ospiti è stato accolto singolarmente, solo il 15,6% fa parte di un nucleo familiare. Circa il livello di istruzione delle “risorse”, il 62% degli immigrati degli Sprar ha un titolo di studio corrispondente alla scuola primaria (elementari e medie), il 19% è in possesso di diploma di scuola secondaria, solo il 7% di titolo di studio universitario, mentre il 12% non ha proprio alcuna istruzione. Quanto ai Paesi di provenienza, al primo posto ritroviamo la Nigeria con il 16,4%, al secondo posto il Gambia (con il 12,9%). Al terzo posto troviamo il Pakistan con l’11,7%, mentre il Mali mantiene la quarta posizione con il 9,3%; a queste nazionalità seguono l’Afghanistan con l’8,7% e il Senegal con il 6,3%. Seguono poi, tutte al di sotto del 4%, Somalia, Costa d’Avorio, Ghana e Bangladesh. Nel 2016, tra le prime 10 nazionalità presenti, figura la Costa d’Avorio (con il 3,4%). Aumenta anche la quota di coloro che hanno “caratteristiche di vulnerabilità”, dato al quanto bizzarro per una categoria che viene continuamente presentata sotto l’aspetto della “risorsa”: si tratta addirittura del 22%. L’8,3% comprende persone disabili, con disagio mentale o con necessità di assistenza domiciliare, sanitaria specialistica e prolungata. Le segnalazioni di casi di vulnerabilità psichica per l’anno 2016 sono aumentate del 33% rispetto al 2015. Sono questi quelli che dovrebbero “pagarci le pensioni”?
Adriano Scianca
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