Milano, 23 giu – Giuseppe Sala, il sindaco “duro e puro” che sfila con gli immigrati e lascia le periferie nel degrado e nella criminalità. Era in odore di “avvisi di garanzia” da parte dei giudici milanesi prima ancora di essere eletto per gli affari poco chiari nella gestione miliardaria dell’Expo2015.
Eppure, i post-comunisti del Partito democratico lo hanno appoggiato, coccolato e portato in vetta a Palazzo Marino con l’aiuto delle cooperative, dei circoli culturali di sinistra, con l’appoggio dei radical chic dei quartieri-bene che hanno sfilato a maggio insieme a immigrati e a rom.
Si vanta di aver trasformato Milano nella città più europea d’Italia. In realtà è la città con un altissimo tasso di immigrati clandestini, la delinquenza più elevata e la disoccupazione giovanile alle stelle.
Ora Sala, dopo essere già stato indagato sei mesi fa dalla procura milanese per falso materiale e ideologico, è di nuovo sotto inchiesta per fatti ancora più gravi: turbativa d’asta per appalti da oltre 4 milioni sulla piantumazione a verde di Expo.
Ma anziché dimettersi immediatamente dalla poltrona di primo cittadino, il poveretto si dice “amareggiato” e spera che la “giustizia faccia chiarezza” sui suoi comportamenti. E così il post-comunista meneghino insieme al PD di Renzi chiede alla Raggi o all’Appendino di dimettersi per colpe meno gravi delle sue, ma evita di rassegnare le dimissioni alla vigilia del GayPride che sponsorizza a piene mani come sponsorizza, col suo sodale assessore Majorino, le porte aperte di Milano a tutti gli immigrati possibili. In questo clima il sogno di Sala di diventare il Macron italiano sembra già svanito.