Roma, 20 mag – Ricordate la solenne promessa (una delle tante) fatta da Matteo Renzi a pochi mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi? Correva l’anno 2014 e la pubblica amministrazione era nell’occhio del ciclone perché – complice anche la politica di austerity – la massa di debiti accumulati nei confronti dei fornitori aveva toccato vette inesplorate, con pagamenti che, quando arrivavano, lo facevo con ritardi mostruosi. E così il premier mise mano al calendario: entro il 21 settembre (san Matteo, giusto per non tingere di egoismo la scadenza) tutti i debiti accumulati al 2013, pari a circa 75 miliardi, sarebbero stati finalmente rimessi.
Così, ovviamente, non è stato. Qualche pendenza è stata sì saldata, ma nel complesso si trattava di briciole rispetto alla fantastica promessa. E nel frattempo l’indebitamento della pubblica amministrazione ha ripreso a salire con vigore. Secondo un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre, infatti, nel solo 2016 “una ‘fetta’ che oscilla tra un valore minimo di 32 fino a un massimo di 46 miliardi non sono stati saldati a causa dei ritardi dei pagamenti e delle prassi inique praticate dai committenti pubblici ai propri fornitori”. Si tratta solo di una stima teorica, calcolata sui “debiti fisiologici che non vengono onorati nell’arco dell’anno perché non sono ancora scaduti i termini di pagamento previsti dalla legge” e che va ad aggiungersi allo stock preesistente, che per il 2015 assommava (dati Banca d’Italia) a 65 miliardi di euro.
Fra le cause dei mancati pagamenti la Cgia segnala la mancanza di liquidità della p.a, l’inefficienza, le contestazioni e perfino ritardi creati intenzionalmente posticipando gli stati di avanzamento lavori. Una situazione che è andata, se possibile, addirittura peggiorando con il debutto sulla scena dello split payment, che obbliga le amministrazioni a trattenere una parte dell’Iva per girarla direttamente all’erario e limitando così i casi di evasione del tributo, ma che nel frattempo ha privato le imprese di una importante fonte di liquidità sia pur solo temporanea.
Il risultato? “La nostra Pa – spiega il segretario della Cgia, Renato Mason – non solo paga con un ritardo che non ha eguali nel resto d’Europa e quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto dal 2011, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione”.
Filippo Burla
1 commento
i fessi siamo noi che paghiamo ancora tasse e bollette se tutti insieme smettessimo di pagare e ci facessimo le nostre ragioni queste cose non succederebbero più