Mestre, 30 apr – Secondo la Cgia “il 55% degli imprenditori chiude l’attività nei primi cinque anni di vita”. Questo è quanto emerge dalla ricerca elaborata dall’Ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre. Da quest’analisi si ricava inoltre che: “Nel 2004 il tasso generale di mortalità si attestava al 45,4 % (ovvero la percentuale d’imprese ancora in vita dopo cinque anni sul totale delle imprese nate nell’anno di riferimento, ossia il 1999), dieci anni dopo la soglia è salita al 55,2 %; quasi dieci punti in più”. Questi dati sono l’ennesima conferma delle difficoltà che si trova ad affrontare chi vuole fare impresa in Italia. La retorica sulle start up si scontra con un sistema economico che non incentiva la libera iniziativa. Infatti, secondo Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi degli artigiani mestrini: “Troppe tasse, una burocrazia che non allenta la morsa e la cronica mancanza di liquidità sono i principali ostacoli che hanno costretto molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo”. Oltre al tasso di mortalità, la Cgia sottolinea anche il calo del numero delle imprese artigiane nel 2016. L’anno scorso, infatti, solo le imprese artigiane hanno registrato un calo di 18.401 unità rispetto al 2015. Questo dato conferma un trend negativo: dal 2007 ad oggi 134.533 attività hanno chiuso i battenti.
Inoltre, il 2017 non sembra promettere niente di buono: quindicimila aziende in meno nei primi novanta giorni. A dirlo è il rapporto di Unioncamere – InfoCamere. Secondo questo report: “Il saldo fra iscrizioni e cessazioni (nei registri camerali) è risultato negativo per 15.606 unità, in peggioramento rispetto al primo trimestre del 2016 e in controtendenza dopo un triennio in cui il bilancio trimestrale delle imprese – pur mantenendosi sempre in campo negativo – aveva mostrato segnali di progressivo recupero”.
Queste cifre dovrebbero spronare l’esecutivo a mitigare la pressione fiscale e a diminuire drasticamente gli adempimenti burocratici. Purtroppo, però, le cose non vanno così. A dirlo è Massimo Miani presidente del Cndcec (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili). Secondo i commercialisti i nuovi adempimenti fiscali introdotti con il DL 50/2017 approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 aprile 2017, “appesantiscono il carico dei costi che i titolari di reddito d’impresa sono costretti a sostenere”. Il governo, dunque, continua a fare scelte controproducenti. Eppure i dati sul depauperamento del nostro sistema produttivo parlano chiaro. Infatti, la stretta fiscale è direttamente proporzionale all’aumento della mortalità delle imprese. Al peso dei tributi si affianca quello della consulenza fiscale. In questo sistema solo i grandi evasori (vedi il caso di Amazon) riescono a farla franca. Un gelataio non può certo permettersi un costoso commercialista. Ecco perché un imprenditore su due dopo cinque anni decide di abbassare per sempre la serranda. Padoan, però, forse è contento: c’è un potenziale evasore in meno.
Salvatore Recupero