Praga, 10 apr – In principio venne la Svizzera, che due anni fa sganciò il franco dall’euro. Poi arrivò la Brexit, anche se il legame della Sterlina con il conio Bce era molto più debole. Ora è il turno della Repubblica Ceca, che in ultima (ma, è lecito azzardare, non per ultima), ha deciso unilateralmente di non far seguire più alla sua moneta nazionale, la corona, i destini dell’euro.
Quella di Zurigo fu una mossa che, verosimilmente, poteva essere vista come una scommessa di lungo temine sulle difficoltà della moneta unica. Scommessa che sembra star dando i suoi frutti, dato che la scelta operata dalla Repubblica Ceca è legata alla necessità di non farsi prosciugare le riserve valutarie nell’inseguimento di un cambio fisso da 27 corone per 1 euro. L’aggancio era in vigore da tre anni con lo scopo di tutelare la moneta nazionale e proteggere così gli investimenti cechi all’estero, impedendo allo stesso tempo un’impennata dell’inflazione. Il tutto seguendo appunto l’euro, i cui destini non giustificano però più la tanto decantata stabilità. Il contrario: stando anche ai più recenti dati relativi alle scelte di allocazione delle banche centrali mondiali l’euro è ormai una divisa tutt’altro che stabile, e che via via sta perdendo il suo ruolo di moneta di riserva.
Lo sgancio di Praga non ha però solo implicazioni economiche, ma anche politiche. La Repubblica Ceca era infatti impegnata nel lungo percorso di ingresso nell’area euro, moneta in corso in Slovacchia dal 2008. Percorso che – complice anche l’appartenenza della Repubblica al cosiddetto ‘Gruppo di Visegrad’, l’alleanza fra nazioni est-europee nata nel 1991 e di recente orientata ad una forte critica nei confronti delle politiche Ue – ora rischia di arrestarsi irrimediabilmente.
Filippo Burla
