Genova, 28 mar – “La democrazia diretta sembra essere disattesa: che cosa sta accadendo nel M5S?“. A lanciare l’allarme sullo stato di salute del movimento è stata, questa mattina, Marika Cassimatis, ex candidata a sindaco per il Movimento Cinque Stelle a Genova, messa alla porta con un post-diktat di Beppe Grillo, nonostante la vittoria nel voto online lo scorso 14 marzo ed ora pronta alla battaglia legale per ottenere “scuse pubbliche ed il reintegro della lista”. La Cassimatis, però, non si è limitata ad annunciare il ricorso al Tar e, nel corso della conferenza stampa di oggi, ha così annunciato di aver sporto querela per diffamazione sia nei confronti di Grillo (che nel post in questione la accusava, insieme a molti componenti della lista di “comportamenti contrari ai principi del M5S”) che del portavoce Alessandro Di Battista.
“Il ‘fidatevi di me’ che è stato lanciato da Beppe Grillo non esiste come prova in nessuno stato di diritto. ogni persona, se accusata, ha diritto alla sua difesa e questo diritto non è stato concesso a nessuno di noi“. Poi, dopo aver chiarito i passaggi preliminari al voto ed aver definito “estremamente oltraggioso” il post di Grillo con il quale il cosiddetto garante ha deciso l’esclusione della sua lista, ha così spiegato le ragioni della denuncia: “ho presentato querela per diffamazione a tutela della mia persona e dei compagni che hanno condiviso con me questa avventura sia nei confronti di Beppe Grillo che del portavoce Alessandro Di Battista perché, a seguito del post di Beppe Grillo, senza conoscere i fatti e le persone coinvolte, ha pronunciato parole ingiuriose verso tutti noi, definendoci squali, a noi che volevano offire il nostro tempo e la nostra passione per un ideale politico”. “Io e i candidati consiglieri che si sono palesati”, ha aggiunto Marika Cassimatis, “respingiamo decisamente le accuse. Ci siamo sentiti profondamente offesi e diffamati nel nostro onore da accuse che non sono sostenute da alcuna prova oggettiva. Alcuni candidati hanno avuto timore ed hanno tutta la mia comprensione“. Secondo l’aspirante primo cittadino, infatti, “le frasi che ci accusano senza specificare l’oggetto dell’accusa hanno scatenato violenze verbali e materiali nei nostri confronti“. “Il messaggio grosso e forte in cui abbiamo creduto”, ha osservato tagliente la candidata grillina, “era per il riscatto delle comunità soffocate in questo mondo globalizzato, comandato da grandi poteri finanziari. Il M5S ci aveva dato una speranza: il 17 marzo ci siamo bruscamente svegliati in un incubo“.
Cassimatis, che aveva vinto le primarie in rete con 362 voti contro i 338 del secondo classificato Luca Pirondini, accusa Grillo ed il movimento di aver escluso la sua lista senza alcuna prova ed in maniera illegittima anche per altre due motivi: il doppio controllo sulla candidabilità sia dei consiglieri che dei ventuno aspiranti sindaci (uno dei quali era stato appunto escluso) che sarebbe già previsto ed avvenuto nelle fasi preliminari al voto e, in secondo luogo, la mancata pubblicazione dei nomi dei candidati consiglieri che avrebbero dovuto votare in un primo momento a favore di uno dei sindaci e che la Cassimatis, al contrario dello staff, dice di aver potuto conoscere soltanto dopo il voto. “I nomi dei candidati consiglieri”, afferma ancora Cassimatis, “non erano noti a nessuno. Era responsabilità esclusiva dello staff, che ha avuto due momenti per il controllo. Inoltre, secondo il regolamento del cosiddetto “medoto Genova”, il candidato sindaco, una volta venuto a conoscenza dei componenti della sua lista, avrebbe potuto ricusarlo e sostituirlo. Quindi, se ci fosse stato anche un camorrista, avremmo potuto sollevarlo dalla lista, senza invalidarla tutta. Nel video di presentazione alla candidatura ho esplicitato che avrei sottoscritto la clausola di autotutela [multa per evitare cambi di casacca, ndr] come ha fatto la sindaca Raggi, quindi la paura che potessi passare al gruppo misto durante il mandato è assurda perché tutti firmano questa clausola”.
Quella di Beppe Grillo e dei vertici del M5S, dunque, sarebbe un’operazione del tutto ingiustificata ed arbitraria, secondo l’ex candidata che in questi dieci giorni, a suo dire, non avrebbe ricevuto i chiarimenti e la documentazione richiesta “anche attraverso atti formali”, ed ora getta ombre sul cambio di marcia del movimento: “Il punto 12 del programma di Pirondini dice ‘si alle infrastrutture necessarie nel rispetto dell’ambiente’: sono frasi che fino a pochi mesi fa sarebbero state tacciate di eresia. Forse le grandi opere e il cemento non sono più tabù per il M5S?“.
Emmanuel Raffaele