Roma, 22 mar – Umberto Smaila è legato a un’immagine gaudente e spensierata, tanto che viene difficile collegarlo ad alcuni dei momenti più drammatici della nostra storia, come quello legato alle Foibe e all’esodo istriano. Eppure il popolare presentatore e showman è figlio di due genitori fiumani, cacciati dal “paradiso socialista” di Tito. Con lui abbiamo parlato di queste sue radici familiari, ma anche di D’Annunzio, Houellebecq, Pansa, il 25 aprile e un comizio di Berlinguer a cui si recò insieme a Jerry Calà.
Che legame ha con Fiume e con le terre giuliano-dalmate poi passate alla Iugoslavia?
Da ragazzo tornavo spesso a Fiume a trovare i miei parenti che erano rimasti. Peraltro, nel mio caso, entrambi i genitori erano di lì, quindi conosco molto bene quelle terre. Mio nonno Giovanni, tanto per dare un’idea, aveva un’officina e aveva prestato il telefono ai legionari di D’Annunzio. Fiume era un gioiello, perché era stato il porto più importante dell’impero austro-ungarico. Era una città molto attiva. Arrivavano i piroscafi dagli Usa, c’era modo di conoscere molte culture, che convivevano pacificamente.
Cosa ricorda di quelle visite?
Quando tornavo io, in molti parlavano ancora italiano. Partivo da Verona con la Lambretta al seguito di mio padre e quando arrivavo mi sembrava di essere Elvis: ero molto corteggiato, dagli amici ma anche dalle ragazze. Portavo il giradischi e mettevamo i Beatles, i Procol Harum e facevamo delle festine “open space”.
La società era cambiata sotto al comunismo?
Ho avuto modo di vedere come viveva la gente dopo una rivoluzione comunista perfettamente realizzata. Code per il pane, per il latte, mancanza di ogni genere alimentare primario, noi arrivavamo con la Seicento ma sembrava che avessimo una Cadillac. I bambini era scalzi, messi malino. In città, eh, non nelle lande desolate. Le attese, insomma, erano state abbastanza deluse. Quando poi Tito ruppe con la Russia venne meno anche quel tipo di aiuto. Ho il sospetto che prendesse più soldi dagli americani che dai russi. Le sue relazioni erano molto anglofile. Lui viveva in una maniera splendida, come un agiato dittatore, ospitava i divi di Hollywood e faceva la bella vita.
Ha citato l’avventura fiumana di D’Annunzio. In città che ricordo ne veniva tramandato?
Un ricordo straordinario. I fiumani adoravano D’Annunzio, che avrebbe voluto fare di Fiume una città autonoma, ma mantenendo tutte le sue connotazioni italiane. D’Annunzio aveva un esercito molto variopinto, pieno di capelloni…
Certo non è semplice, oggi, raccontare certe storie…
Di certi argomenti sembra sia vietato parlare. Ma sono fatti storici. La storia non si può cancellare. È stato un capitolo della storia che bisogna affrontare e che non è stato positivo per i comunisti. Per niente. Si sono comportati male, non solo con gli esuli, ma anche fra di loro. Quando gli operai di Monfalcone, attirati dal paradiso comunista, andarono a Fiume, furono cacciati, molti arrestati. È una storia che va raccontata.
Lei è figlio di profughi. Cosa pensa dei profughi di oggi?
Che c’è un po’ di confusione tra i profughi delle guerre e gli extracomunitari. Devo essere sincero: quando Oriana Fallaci scrisse quel famoso articolo e fu molto attaccata da molti dei miei amici, io stavo zitto ma sentivo che aveva ragione. C’è un processo di sottomissione. Io ho letto quel bellissimo libro di Houellebecq, Sottomissione. Dovrebbero leggerlo tutti. Si capisce cosa accadrà qui tra 20 anni. Lo ha detto anche Erdogan: fate cinque figli e tra 20 anni l’Europa sarà vostra. In quel caso suggerirò ai miei di andare in Canada.
Passiamo ad un argomento più leggero. Cosa pensa di Colpo Grosso, la trasmissione che le ha dato notorietà?
Colpo Grosso è stato un grande momento della mia carriera. Ancora oggi se ne parla, molti dicono che era lo specchio di un momento di superficialità del Paese. Ma non si stava male nell’Italia del tanto vituperato Craxi, che oggi molti stanno rivalutando. Era un’Italia che aveva almeno delle speranze.
Crede che sessualmente e moralmente l’Italia sia migliorata o peggiorata da allora?
Qui devo tirare un po’ le orecchie ai miei amici di sinistra. Io sono berlusconiano, amico di Silvio e della famiglia, mi ha dato tanto da lavorare, e lo sono anche per motivi calcistici. Ma quando eravamo ragazzi eravamo tutti un po’ di sinistra. Io e Jerry andammo a sentire il discorso di Berlinguer a piazza San Giovanni quando si parlava di compromesso storico. All’epoca c’era una grande voglia di libertà. Si diceva “vietato vietare”. Oggi è tutto vietato. C’è stato un regresso. Sento molto più bigottismo, molta più censura. Questa storia del corpo mercificato: ma dove, ma come, ma quando? Molti hanno anche fatto outing. Ci sono molti gay, che Dio li protegga, ne ho molti fra i miei amici. Dov’è la violenza?
Ha letto le polemiche sulla trasmissione “Ne parliamo sabato”? Cosa ne pensa?
È assurdo. Ma cosa hanno detto mai? Manca l’ironia, possibile che tutto debba sempre essere sempre preso di petto, seriamente… Mi sembra un ritorno alla Santa Inquisizione. Io mi sento libertario e anticonformista. Oggi c’è un conformismo mostruoso. Anche questa storia dell’autodifesa. Perché chi si difende è fascista? Dimmelo tu, aiutami a capire.
Forse per odio nei confronti dell’uso delle armi.
Ma a quali parti del marxismo fanno appello per sostenere queste istanze? Quando sono stati al potere non hanno mai riconosciuto la democrazia. Uno mi dirà: “sì, ma sono cose successe 70 anni fa”. Certo, ma anche il 25 aprile è successo 70 anni fa. E allora cosa festeggi? Se festeggi i partigiani devi anche interrogarti sui crimini del comunismo. Non è revisionismo. Io ho letto tutti i libri di Pansa, dov’è il revisionismo? È semplice verità.
Adriano Scianca
2 comments
Sono istriano , sono profugo. Dopo il forzato esodo ho continuato a fare l’esodato per motivi economici e ho vissuto e lavorato in tanti paesi all’estero. In questi paesi ho trovato istriani scappati dall’Istria. Negli adulti scappati ho visto tanta nostalgia dell’Istria. Nei loro figli però molto meno. Anzi erano ben contenti che la loro famiglia fosse emigrata perché nei paesi dove ora vivono hanno un futuro con migliori prospettive di quelle che avrebbero se fossero rimasti in Istria ma anche in Italia.
Io sono un Triestino, siamo venuti in Australia perché mio padre si era fatto convincere a dar on’occhiata per un due o tre anni, le cose non son andate come dovevano e per lui (mio padre) fu il piú grande sbaglio della sua vita, noi, tre figli, ci siamo adattati il meglio possibile come tanti altri, a Trieste uno dei miei zii, che viene dall’Istria, si sposó con mia zia, ha sempre lavorato, ha la sua casa, i tre figli suoi son cresciutti, sposati, messo su famiglia e hanno le loro aziende…non si puó dire che la gente emigrata non avrebbero fato uguale se fossero rimasti in Italia, in Istria sotto Tito sicuramente no…xxx…