Roma, 17 feb – Se ti trovi a New Orleans, Louisiana, capitale mondiale del Jazz, non puoi seguire uno spartito, devi improvvisare. Devi cercare il tuo ritmo e affidarti all’istinto, devi avere fiato, mani calde e talento, e devi essere capace di metterlo in mostra quel maledetto talento, perché se sei lì, sul delta del Mississippi, vuol dire che un dio ti ha baciato. Marco Belinelli, italiano di San Giovanni in Persiceto, è stato baciato dal dio del basket, così benevolo nei suoi confronti da volerlo nell’Olimpo della disciplina, la Nba; così sfrontato da ergerlo stella tra le stelle, nella gara annuale tra i migliori dell’est contro quelli dell’ovest, ché a sfidarsi con gli altri punti cardinali gli americani non ci pensano più da secoli.
Belinelli ha lanciato la sua sfida, quella dei tiri da tre punti, la sfida in cui servono ritmo, precisione e potenza, senso del tempo e della distanza, e l’ha giocata come fosse una sessione di cool jazz. Perché era a New Orleans, e doveva trovare il giusto sound per far ballare la retina e convincere il pubblico: i 22mila dello Smoothie King Center, così colorati e competenti, chiassosi ma severi, perché a New Orleans lo spettacolo piace solo se hai qualcosa di convincente da far vedere. E allora: vai sul parquet e mostraci cosa sai fare italiano, facci vedere come fa un bianco a mettere in riga i neri, dimostraci che il delta del Mississippi non ti spaventa più di quello del Po. E lui, Marco Belinelli, soffia sul palmo delle mani (e forse è quello il bacio del dio del basket), e va sul parquet con l’aria quasi distratta, i capelli arruffati e la barba incolta; senza amici rapper intorno, senza collane e bracciali pronti a tintinnare in tribuna a ogni canestro.
Va sul parquet e tira, parte piano e poi accelera, è il ritmo giusto: non serve uno spartito, non serve la perfezione, non a New Orleans. Marco tira vince e conquista la finale; lo raggiunge Bradley Beal, che è piccolo ed esplosivo. Marco tira e Bradley lo raggiunge, hanno ritmi e stili diversi ma arrivano allo stesso risultato. Serve uno spareggio, e Belinelli contro Beal sembrano Danny Boodman T.D. Lemon Novecento contro Ferdinand “Jelly Roll” Morton, e il tempo della sfida è lo stesso, quello di una sigaretta che si consuma da sola. Finisce allo stesso modo, e noi che lo abbiamo visto, anche se davanti al televisore, potremo raccontare dell’italiano che andò a New Orleans, trovò il ritmo giusto e vinse.
Francesco Pezzuto