Roma, 8 gen – Mentre il governatore della Banca d’Inghilterra ammette candidamente che gli economisti, dal 2008 ad oggi, non ne hanno azzeccata una, arriva la Cgia di Mestre che – con la crudezza che contraddistingue da sempre le sue analisi – sposta ancora più n là l’uscita dalla crisi. Doveva avvenire quest’anno (ma è quasi un decennio che ogni 1 gennaio parte il momento buono), bisognerà aspettarne almeno altri 7. Fino al 2024, se tutto andrà bene.
Non parliamo ovviamente della crescita, dato più o meno acquisito anche se i numeri sono talmente ridotti da farla sembrare più una stagnazione mascherata, ma del ritorno ai livelli pre-crisi. “Il 2017 – spiegano dalla Cgia – sarà per il nostro Paese un anno in chiaroscuro”. E’ vero che “la pressione fiscale è destinata a scendere di 0,3 punti percentuali”, attestandosi al 42,3%, con il Pil che “dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l’esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone”. A fronte di questi elementi positivi, però, a preoccupare l’ufficio studi degli artigiani mestrini è il tempo che servirà per ritornare al 2007, anno prima dello scoppio della bolla immobiliare americana.
“Stando ai dati di contabilità nazionale pubblicati dall’Istat e relativi al Pil reale – continua la nota – dovremmo recuperare gli 8,7 punti percentuali di Pil persi tra il 2007 e il 2013 solo nel 2024, vale a dire fra 7 anni”. Peggio va per gli investimenti, che recupereranno non prima del 2032. In quella stessa data, vale a dire fra 15 anni, è previsto il rientro del tasso di disoccupazione (raddoppiato fra 2007 e 2013) al 6% del 2007. Nella migliore delle ipotesi, insomma, abbiamo perso qualcosa come 17 anni. Nella peggio, gli anni diventano 26. Ammesso e non concesso che queste elaborazioni di lungo periodo possano reggere alla prova dei fatti.
Filippo Burla