Roma, 17 dic – “Su Marra te l’avevo detto, ora rimedia”. A poche ore dall’arresto del capo del personale del Campidoglio, Beppe Grillo telefona a Virginia Raggi. Una telefonata dai toni accesi, che certifica la massima distanza mai raggiunta tra la “sindaca” di Roma e i vertici dei 5 Stelle. Nonostante i toni concitati della telefonata, all’esterno Beppe Grillo detta una linea più morbida e attendista: “Marra era solo un tecnico, non fa parte del Movimento. Dobbiamo sostenere Virginia, non abbiamo altra scelta”. La Raggi si adegua e in una conferenza stampa della durata di circa un minuto e mezzo, si limita a dire “mi dispiace per Beppe Grillo che aveva sollevato qualche perplessità. Marra era solo un tecnico, uno dei 23 mila dipendenti del Comune di Roma. Andiamo avanti“. Ma la realtà è un’altra. Raffaele Marra non era affatto solo un tecnico, la sua nomina da parte della Raggi è stata fin dal luglio scorso uno dei motivi di rottura con il mini direttorio romano.
La deputata Roberta Lombardi aveva definito Marra fin da subito un “virus che ha infettato il Movimento“, arrivando a presentare addirittura un esposto contro di lui il 22 novembre scorso, a distanza di tre settimane dall‘inchiesta dell’Espresso che definiva Marra “il Rasputin del Campidoglio”, “il sindaco ombra”, dove si faceva riferimento alle sue strane relazioni con costruttori come Amore (coinvolto in mafia capitale) e Scarpellini, compresa la vicenda della casa Enasarco che ha portato all’arresto di Marra per corruzione. Beppe Grillo aveva ripetuto come un mantra fin da subito “Marra se ne deve andare”, soprattutto dopo l’inchiesta dell’Espresso di un mese e mezzo fa, ma la Raggi aveva alzato un muro “Marra non si tocca o andiamo tutti a casa”. A fare da mediatore tra la Raggi e Beppe Grillo era stato il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, il quale ora è considerato dall’ala dura dei 5 Stelle come corresponsabile di questa situazione, per aver fatto “melina” e aver così impedito a vertici del Movimento di intervenire più duramente sul “Raggio magico”.
Oltre alla Lombardi, a rappresentare la parte intransigente dei 5 Stelle c’è sicuramente la verace senatrice Paola Taverna, che all’ingresso dell’hotel Forum di Roma, dove ieri pomeriggio si è tenuto il vertice con Beppe Grillo, ha dichiarato “le scuse non bastano proprio”. Sulla sua stessa linea anche Roberto Fico che dichiara “è chiaro che per me Marra non è solo un tecnico”, mentre la Lombardi prima di entrare in riunione ha ribadito: “I fatti parlano oggettivamente. Io sono molto fiera di stare dalla parte giusta”. La “parte giusta”, quella degli “intransigenti” del Movimento ora è chiaramente rafforzata dagli ultimi eventi e chiede la “testa” del sindaco Raggi, ovvero le sue dimissioni oppure la revoca del simbolo nel caso non accettasse. Tra gli altri c’è anche chi attacca il “piccolo stratega” (riferimento nemmeno troppo velato a Luigi Di Maio), chiedendo che si assuma le proprie responsabilità per aver difeso le scelte, o quantomeno l’autonomia nelle nomine, di Virginia Raggi.
Davide Di Stefano
1 commento
Davide, non soffiamo sul fuoco,errare è umano perseverare è diabolico,penso che la Raggi abbia imparato la lezione lasciamola lavorare e i fatti parleranno se sarà recidiva allora via!