Berlino, 22 nov – Ormai le cifre sono più che drammatiche. Gli stupri del capodanno a Colonia, contrariamente a quanto assicurato dal governo tedesco, erano solo la punta dell’iceberg. Le violenze sessuali su donne e minori, infatti, si sono moltiplicate vertiginosamente negli ultimi tempi, sia tra la popolazione femminile dei centri profughi sia tra le donne autoctone: una spirale di violenza che rende la giusta cifra di una vera e propria invasione. Da quando la Merkel ha varato il grande piano di accoglienza dei sedicenti “profughi”, in Germania sono affluiti circa un milione di immigrati. E il conto da pagare, per centinaia di donne (ma non solo), è stato salato: stupri, ruberie, maltrattamenti, attentati, prostituzione coatta.
Insomma, il paradiso terrestre sognato dalla cancelliera, dai media prezzolati e dai buonisti plaudenti alle stazioni con i cartelli refugees welcome (il “popolaccio razzista e xenofobo” li chiama in maniera sprezzante Willkommensklatscher) si è infine rivelato un inferno. Un inferno che, però, viene deliberatamente e sistematicamente camuffato, celato, rimosso. Sia la polizia federale che i grandi mezzi di informazione, infatti, censurano ogni notizia che riguarda stupri e molestie sessuali perpetrati da richiedenti asilo e immigrati, oppure non menzionano l’etnia degli attentatori.
Non si tratta di complottismo, ma di una pratica rivendicata dai suoi stessi fautori. Il Consiglio tedesco della stampa (Presserat) per esempio, senza troppi giri di parole, impone ai media un “codice deontologico” che limita pesantemente le informazioni che i giornalisti possono utilizzare nei loro articoli. Al paragrafo 12.1 del codice possiamo leggere: “Nel riferire in merito ai reati penali, i dettagli relativi al background religioso, etnico o altre informazioni generali riguardanti le persone sospettate o i colpevoli vanno menzionati solo se assolutamente necessari per comprendere la notizia riportata. Va rilevato che riferimenti del genere potrebbero fomentare pregiudizi contro le minoranze”. In sostanza, i lettori non possono sapere l’origine dei criminali. Il caso più aberrante riguarda l’identità di un richiedente asilo somalo, tale “Ali S.” con alle spalle un’altra condanna a sette anni per stupro, che ha tentato di violentare una 20enne di Monaco, poi condannato a quasi cinque anni di carcere: una testata bavarese, nel riportare il fatto, ha chiamato l’attentatore “Joseph T.”, cioè con un nome autoctono. E poi si lamentano che il popolo li definisce Lügenpresse, cioè la “stampa delle menzogne”…
Ma anche la polizia non è da meno. Come ha dichiarato Hendrik Cremer dell’Istituto tedesco per i diritti umani, “la polizia non fornisce informazioni ai media o all’opinione pubblica sul colore della pelle, la religione, la nazionalità o l’origine etnica di un sospettato. Può farlo solo se assolutamente necessario, ad esempio, quando sta cercando una persona sospettata”. Di qui la protesta, che rimane per ora minoritaria, di Arnold Plickert, capo del sindacato di polizia nel Land Nord Reno-Vestfalia: “La polizia non è interessata a stigmatizzare, ma piuttosto a educare l’opinione pubblica. L’impressione che si pratichi la censura è devastante per la fiducia dell’opinione pubblica nella polizia. Condividere le informazioni sulle persone sospette è importante per sviluppare strategie di prevenzione. Ci devono permettere di parlare apertamente dei problemi di questo Paese, come parlare dell’eccessiva presenza di giovani migranti nei nostri ordini di servizio”.
Benissimo, ma quali sarebbero queste “strategie di prevenzione” per le donne che rischiano di subire violenze sessuali? Ebbene, tra i consigli diramati dall’Ufficio federale della polizia criminale (BKA) c’è quello di calzare scarpe da ginnastica invece dei tacchi per poter scappare più velocemente (sic!). C’è da scommettere che le tedesche si sentiranno ora più tranquille… Ma l’isteria ideologica dei sostenitori delle “politiche dell’accoglienza” raggiunge ormai vette ineguagliabili: il preside di un ginnasio bavarese, per esempio, non ha esitato a consigliare ai genitori degli alunni di non far indossare alle loro figlie scollature e minigonne per evitare “malintesi”. George Orwell evidentemente, quando scrisse della “psicopolizia” in 1984, deve aver avuto meno fantasia dei buonisti tedeschi.
Giovanni Coppola
4 comments
scarpe da ginnastica ? è rimasto memorabile -purtroppo non nel titolo- quel video prodotto in nord europa con le tecniche suggerite alle donne in caso di aggressione…si trattava in sostanza di urlare STOP ! facendo un segno col palmo delle mani…e l’aggressore nella clip si fermava come bloccato da chissà quali ultrapoteri invisibili degni di un Giucas Casella…
stiamo sprofondando in una dittatura sempre più invasiva. guardiamo in italia dove si inizierà fra poco a requisire le 2 case degli italiani x alloggiare le risorse, come se questo fosse un interesse nazionale tale da giustificare espropri coatti.
confido ormai solo in una sana ascesa di populismi che frenino la deriva capitalistica. Forse Putin e Trump riusciranno a darci una mano, se Dio vorrà.
A quanto pare dio non vuole (lo scrivo sempre minuscolo quando faccio riferimento alla presunta divinità semitica)… dato che il politicamente scorretto “Trump il sessista” ha nominato alla casa bianca due donne e una scimmia!
Signori siamo soli!
E se vogliamo cambiare le cose dobbiamo farlo noi e non aspettare che qualcuno lo faccia per noi! Ci vogliamo davvero affidare a due popoli che hanno combattuto contro i nostri padri e tuttora se ne vantano?
Italia agli italiani! Europa agli europei! Fuori i negri, gli zingari e gli ebrei!!!
Il stile Svezia