Roma, 21 nov – Essere esempio. Con queste due semplici parole si può riassumere la vita e il contributo culturale di Gaetano Rasi, venuto a mancare ieri all’età di 89 anni. Una traiettoria ricca e unica, cominciata con l’infuocato periodo della Repubblica Sociale Italiana, a cui aderì giovanissimo, e vissuta all’insegna dei “principi corporativi”. Nei durissimi anni del dopoguerra maturò le sue riflessioni quale allievo dei Professori Marco Fanno e Ernesto Massi, dimostrando quell’impegno e quella curiosità intellettuale che faranno di lui un manager, un economista, un docente e un giornalista di alto profilo. Una figura rara che si mosse sempre all’interno del Movimento Sociale Italiano, con cui divenne parlamentare, collaborando inoltre a interessanti riviste quali “Cantiere”, “Carattere” e “L’Orologio”.
All’inizio degli anni Settanta fondò l’Istituto di Studi Corporativi, che diresse fino al 1992, fucina di pubblicazioni, analisi economiche, conferenze e corsi di formazione, alla cui inaugurazione presenziò anche Ugo Spirito. Il lascito dell’ISC fu raccolto proprio dalla Fondazione Spirito, di cui Rasi fu Presidente Onorario fino alla morte. I libri da lui pubblicati si contano a decine, e tra questi spicca sicuramente il fondamentale contributo dato alla stesura degli “Annali di economia” (una storia economica d’Italia inaugurata da Epicarmo Corbino), segno di una passione politica vissuta all’insegna della serietà e del rigore scientifico.
Quando Alleanza Nazionale, sorta dal MSI, entrò nella sfera di governo, Rasi si vide affidare importanti incarichi nel partito e nelle istituzioni, ma in quei momenti non si riuscì a produrre alcun cambiamento significativo nei confronti delle concezioni liberali imperanti. Un’occasione mancata che costituirà uno dei maggiori rammarichi di chi, in nome della coerenza, aveva rifiutato la poltrona di ministro dell’Economia da parte di un governo tecnico e aveva declinato l’invito a partecipare a una riunione della Trilateral su invito di Gianfranco Fini alla fine degli anni Novanta. La sua inesauribile vitalità culturale arse fino all’ultimo momento, attraverso la fondazione di un centro studi (CESI) che ha compiuto diverse analisi di spessore sulla Costituzione italiana, sull’Europa e sui concetti di presidenzialismo e partecipazione organica delle competenze.
Nonostante questo curriculum, rimase sempre umile e disponibile, organizzando uomini e idee nel nome dell’approfondimento culturale e di un Nuovo Risorgimento nazionale ed europeo. Uno stile inconfondibile. Tra i tanti meriti può essere menzionato il fatto di aver sempre sottolineato la necessità del pensiero di Giovanni Gentile e dei principi di partecipazione e “terza via” quali cardini di qualunque progetto politico alternativo al sistema (dal titolo della sua ultima opera, incompiuta, dedicata alla storia del MSI). Cardini che restano, ancora oggi, quali fari indispensabili per chiunque voglia uscire dalla crisi e riscattare il paese.
Agostino Nasti