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Le voragini del terremoto e le virtù italiche: come i romani reagivano alle catastrofi

by La Redazione
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terremotoRoma, 22 nov – Oltre al tragico evento che ha devastato la zona compresa tra i Monti della Laga e i Sibillini, gli ultimi notiziari segnalano che una gigantesca voragine si è aperta nella piana di Castelluccio di Norcia, dopo il terrificante terremoto del 30 ottobre. Da quanto si può vedere, le immagini sono impressionanti. La profondità della voragine che si troverebbe sul Pian Grande, all’altezza del maneggio, secondo il parere del dirigente di ricerca dell’Ingv Fabrizio Galadini, “non è facilmente definibile ma è di parecchi metri”.

L’episodio ha una corrispondenza con quanto descritto da Tito Livio nella storia di Roma: ” Nel corso di quello stesso anno, fosse per un terremoto o per un’altra forza della natura, si dice che nel centro del foro il suolo franò fino a profondità incommensurabili, lasciandovi un’ampia voragine. Nonostante tutti vi gettassero della terra, non si riuscì a riempirla, fino a quando, su preciso monito degli Dèi, la gente cominciò a domandarsi quale fosse l’elemento principale della forza del popolo romano. Questo era quanto gli indovini sostenevano si dovesse consacrare a quel luogo, se si voleva che la repubblica romana durasse in eterno. Allora, stando a quanto si narra, Marco Curzio, un giovane distintosi in guerra, rimproverò i concittadini per essersi domandati se esistesse qualcosa di più romano del valore militare. Poi, calato il silenzio, con gli occhi rivolti al Campidoglio e ai templi degli Dèi immortali che sovrastano il foro, tendendo le mani ora verso il cielo ora verso la voragine spalancata e verso gli Dèi Mani, si offrì in voto ad essi. Quindi, montò in groppa a un cavallo bardato nella maniera più splendida possibile e si gettò armato nella voragine: e una folla di uomini e donne gli lanciò dietro frutti e offerte votive”

Al di là di ogni semplificazione, appare chiara la differenza di approccio ai prodigi dell’uomo moderno, paragonata agli antichi. Nella Roma antica veniva attribuita grande importanza al coltivare sempre il rapporto con gli Dèi, e tutto ciò che accadeva era parametrato proprio alla capacità di mantenere la pax deorum.

In un momento di grande difficoltà per il nostro popolo, sottoposto alla minaccia dell’estinzione e della sostituzione, è opportuno chiedersi quali sono i valori che ci accomunano e che possono ridare vita e slancio alla nostra civiltà. L’immagine dell’italiano furbo, pigro e senza dignità, propagandata dagli invasori e dai nemici del popolo di ieri e di oggi, contrasta profondamente con gli esempi che ci vengono dalla nostra tradizione e dalle nostre radici più antiche. La forza d’animo delle popolazioni appenniniche si sta già rivelando nella capacità di reagire agli eventi e di ricostruire ciò che è stato devastato. Ma è necessario ritrovare prioritariamente le virtù che caratterizzano le nostre genti : forza e coraggio piuttosto che debolezza e sottomissione, fiducia e certezza nella vittoria invece che rassegnazione e rinuncia.

Marzio Boni

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