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I Fontinalia: come riappropiarsi della natura per difendere la nostra civiltà

by La Redazione
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FontinaliaRoma, 6 ott – Nel calendario dell’antica Roma, il 13 ottobre, si celebravano i Fontinalia cioè la festa delle acque sorgive. Patrocinate dal Dio Fons, protettore delle fonti e delle sorgenti naturali, nelle quali durante la festa venivano gettate corone.
Nel mito Fons era il dio delle fonti, figlio di Giano e della ninfa Giuturna nonché fratello di Tiberino, una antica divinità italica. Aveva un altare consacrato ai piedi del Gianicolo, non lontano dalla presunta tomba di Numa Pompilio.
Collegata al Re Numa Pompilio era la ninfa Egeria, mitica consigliera e ispiratrice del successore di Romolo. Numa infatti, fino a quando fu scelto a succedere a Romolo, aveva sempre condotto una vita frugale e trascorso molto tempo nella natura per studiare e conoscere le leggi divine. Assunta la responsabilità del regno, continuò a frequentare boschi sacri e luoghi di devozione, spesso di notte. In questi boschi incontrava la ninfa Egeria che divenne sua mistica sposa e consigliera.

La leggenda racconta che durante l’ottavo anno del regno, Numa aveva concentrato tutta la devozione sua e del popolo in solenni rituali volti ad allontanare la brutta pestilenza che affliggeva Roma, provocata dai fulmini scagliati da Giove adirato.
Numa consultò Egeria e questa gli consigliò di rivolgersi a Pico e Fauno, personaggi della più antica mitologia italica: tuttavia questi numi silvestri dalla natura selvatica e poco socievole avrebbero aiutato il re solo se costretti con la forza. Astutamente Numa li attirò con offerte di vino per catturarli addormentati dopo le libagioni e li costrinse a recitare un rituale misterioso che aveva l’arcano potere di far scendere sulla terra Giove in persona. Terribile apparizione quella del signore degli Dèi, nonostante ciò Numa chiede a Giove come placare il fulmine:
-Taglia una testa – sentenzia Giove.
– Taglierò una cipolla cavata dei miei orti – interpreta allora Numa, celebre per essere un uomo mite.
– Una testa d’uomo – precisa il dio nel tentativo di mettere il re in difficoltà.
Numa non si lascia imbrogliare e replica:
– Taglierò allora la cima di un capello –
Giove insiste, chiedendo al re il sacrificio di una vita.
– Ucciderò un pesce…- risponde caparbio Numa.
Giove, per nulla offeso, ride dell’arguzia del re che non ritiene consono alla sua dignità un sacrificio umano e gli rivela il rituale segreto da compiere per difendersi dai fulmini. Ai romani increduli, Numa dimostra, il giorno successivo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocando il dio davanti alla folla riunita. Sotto lo sguardo attonito dei presenti un fulmine squarcia il cielo e uno strano scudo, con degli incavi laterali, cade a terra inviato da Giove. Per confondere eventuali ladri ed evitare che la preziosa testimonianza divina venga trafugata, Numa incarica il fabbro Veturio Mamurio di eseguire undici copie identiche dello scudo. Inoltre, secondo la Ninfa Egeria, esso era il pegno del Dio che assicurava i trionfi di Roma: fino a che fosse stato custodito la città avrebbe vinto tutti i nemici.

Come sempre, attraverso il mito la storia di Roma ci insegna dei principi.
E’ un sapere antico che svela la terra animata da forze e popolata da moltissime creature, sapere oscurato in parte dalle altre forme religiose che nel tempo hanno voluto coprire e cancellare tutto quello che riporti l’uomo verso piani superiori, etichettandolo come un peccato mortale dell’orgoglio. Per recuperare sensibilità perlopiù scomparse è però necessaria serietà, ritmo e costanza nel tempo. La mente, che normalmente tutto giudica e filtra, seguendo i propri parametri egoistici, lentamente perde allora interesse, annoiata e sfiancata dalla ripetitività, cedendo spazio a percezioni più profonde. I nostri nonni, nel raccontarci le favole, quando eravamo bambini, ci ricordavano e ammonivano che fate e ninfe esistono tutt’oggi, ma il cuore di pietra impedisce agli uomini di vederle.

La ricerca della Fons perennis, cioè di quella mitica sorgente (fresca ed eterea) da cui sgorga un’acqua che non solo disseta (la sete di conoscenza) ma anche purifica (le scorie psichiche) e ispira (le volontà incerte) è inderogabile per ottenere il retto agire (conforme al volere divino). Solo allora troveremo gli Scudi per difendere la nostra civiltà e la nostra terra.

Marzio Boni

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