Roma, 1 ott – In occasione di tutte le partite europee è facile notare una scritta in inglese sulle divise delle squadre, nei cartelloni pubblicitari che circondano i terreni di gioco e in pubblicità che scorrono nelle tv di tutto il mondo con i volti di alcuni dei più importanti calciatori. La parola in questione, tanto cara al governo del calcio europeo è RESPECT, il rispetto, da mostrare in campo contro un sedicente razzismo. Eppure, quello che la Uefa ha imposto al Celta Vigo, celebre club della Liga spagnola, prima della partita di Europa League contro i greci del Panathinaikos, vinta dalla compagine galiziana con il risultato di due gol a zero, con il tanto decantato rispetto non ha assolutamente nulla a che fare.
La Uefa, infatti, ha obbligato il club iberico a coprire un celebre simbolo celtico, il triskel, che da più di cinque anni compare sulla schiena, tra il colletto ed il nome dell’atleta, costringendo i magazzinieri del Celta Vigo a intervenire mettendo un anonimo cerchio blu sul sopracitato emblema, formato da tre segmenti lineari identici piegati a formare delle spirali il cui significato rimane comunque oscuro, nonostante sia certo che nelle popolazione celtiche, de facto, rappresentasse la stilizzazione del movimento del sole: una ruota solare, insomma.
Se la motivazione di questa imposizione è sconosciuta, una cosa certa è facilmente individuabile: la Uefa, per rimanere in ambito calcistico, ha commesso un clamoroso autogol, negando ad un club di esprimere la propria identità, soprattutto se si tiene conto del fatto che essa è sempre pronta a riempirsi la bocca di belle, ed evidentemente false, parole. Rispetto, certo, ma ad intermittenza.
Giacomo Bianchini
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L’unica identità che non deve essere tutelata è quella europea.