Roma, 26 set – Le associazioni battono cassa, il governo risponde (per ora) picche. E i centri di accoglienza rischiano di rimanere senza fondi, dando un colpo micidiale al business dell’immigrazione. A lanciare l’allarme è niente meno che il ministro guidato da Angelino Alfano, a corto di quattrini per procrastinare la gestione dell’emergenza creata dallo stesso esecutivo.
Il Ministero dell’Interno è a caccia di qualcosa come 600 milioni sull’unghia, necessari a coprire spese relative a quest’anno ma ancora non saldate. Peggio va in prospettiva: da qui alla fine dell’anno la cifra richiesta si aggira attorno al miliardo di euro, abbastanza per pareggiare i conti con il 2015 quando furono spesi quasi 1 miliardo e duecento milioni. Praticamente 100 milioni al mese fra vitto, alloggio, pocket money, oltre alla stecca che va a cooperative e altri soggetti che vincono i generosi bandi per la gestione dell’accoglienza. Bandi – e contributi conseguenti – che il Viminale a corto di stanziamenti non sta però onorando, con ritardi che secondo il Corriere della Sera arrivano a sfiorare i sei mesi. Tanto che sarebbe persino stato firmato un ultimatum: o il 30 settembre si chiudono i debiti, o a chiudere saranno le strutture che oggi ospitano i richiedenti asilo o sedicenti tali.
Nonostante le continue richieste, dal Tesoro nicchiano. Il ministero guidato da Padoan è, da parte sua, oberato dalla scadenza prossima ventura della legge finanziaria, nella quale sarà necessario operare gli aggiustamenti dovuti al mancato rispetto delle previsioni sul Pil, con le relative conseguenze in termini di parametri sul deficit e sul debito. Analogo discorso a via XX Settembre è quello del dibattito aperto con l’Unione Europea, che non sembra intenzionata a dare ulteriori spazi di manovra oltre alle briciole già concesse.
Nicola Mattei
1 commento
Quindi manca un miliardo per gl’immigrati e, leggiamo in queste pagine, bisogna tagliare un miliardo dalla sanità?
Matematico.