Pontida (Bg), 19 set – Si è conclusa anche quest’anno la grande kermesse leghista sui prati di Pontida. Un appuntamento importante, dopo i rivolgimenti degli ultimi mesi, anche per capire da che parte – fra centrodestra, federalismo o indipendentismo, Ue o non Ue – tenderà o vorrà andare il Carroccio sotto la guida di Matteo Salvini.
Il primo dato chiaro è che, a parte qualche retaggio folcloristico del passato, l’indipendentismo della Padania non è più il tema-chiave dell’appuntamento. Tanto che, al di là di qualche screzio alla vigilia, anche i rappresentanti di Noi con Salvini arrivati dalle regioni del sud sono stati tutto sommato ben accolti. La loro presenza non era tuttavia molto nutrita, segno che il progetto nazionale avviato dal segretario mostra più di qualche segno di frenata. Ammesso che non sia egli stesso a voler rallentare. Non è un mistero, infatti, che in Lega Nord vi sia chi – e parliamo di dirigenti di primo piano, da Maroni e Calderoli in giù – rema contro l’espansione del partito sotto la Toscana, preferendo limitarsi al proprio orticello del Nord dove coltivare ambizioni personi. Ma nel quale e dal quale, allo stesso tempo, è impossibile parlare di prospettiva sovranista: se si vuole uscire dall’Europa e dall’euro e se si vuole bloccare l’ondata migratoria in corso la sola Lombardia, pur con Veneto e Liguria e volendo anche le altre regioni settentrionali, non sono certamente sufficienti come massa critica.
Questo Salvini sembra saperlo bene, così come è conscio della “spaccatura” in seno al movimento. Il suo approccio non sembra però, a parole, dialogante. Ne sono prova i decisi attacchi contro il centrodestra: “Se qualcuno pensa che il futuro della Lega sia ancora quello di un partitino servo di qualcun altro, di Berlusconi o di Forza Italia, ha sbagliato a capire. Noi non saremo più schiavi di nessuno. Noi accordi al ribasso non ne faremo con nessuno”, ha tuonato dal palco durante il comizio finale. Salvini parla a nuora perché suocera intenda: la Lega, forse mancando di un po’ di coraggio, non vuole mollare le tre regioni del nord – governate in coalizione – ma a livello nazionale bisogna parlarsi chiaro: Forza Italia, ad esempio, “deve scegliere se stare con noi o con la Merkel in Europa. O con noi sempre, oppure mai”. Chiaro riferimento al convegno “Megawatt” organizzato negli stessi giorni da Parisi a Milano (alto punto delicato: l’essere stati quasi doppiati da Forza Italia alle ultime amministrative è stato uno smacco) nel quale si è rafforzata l’alternativa “moderata” rispetto a quella “populista”.
Ciò che più di tutto sancisce Pontida è, a conti fatti, la compresenza interna alla Lega di tre diverse anime. Una prima, storica e secessionista sia pur ormai del tutto minoritaria, che fa capo ad Umberto Bossi; una seconda, più dialogante con centrodestra ma che si autolimita al Nord, facente capo a Maroni e Zaia; infine quella che tende più a nazionalismo e sovranismo, nell’impostazione che da tre anni sta cercando di dare Salvini. Il conflitto è fra queste due ultime correnti, che si affrontano da tempo senza mai però addivenire allo scontro diretto. E’ in tal senso che va inquadrato l’attendismo di Salvini dopo le interessanti aperture che aveva fatto all’inizio della sua segreteria. Ad incombere sulla sua testa è il congresso federale, previsto ogni triennio e dunque teoricamente in calendario per dicembre di quest’anno.
Nicola Mattei