Roma, 12 set – Mi piace iniziare, dal momento che ne condivido pienamente il senso, con un brano di Michael A Ledeen che ritengo, però, ispirato da Renzo De Felice il quale, fu mentore –fino a concedergli la nota “Intervista”- dello studioso americano durante il suo soggiorno italiano: “Oggi viviamo in un’epoca in cui i miti hanno perso il loro valore, e imprese affrontate in nome di grandi ideali spesso si rivelano motivate da interessi più volgari e vili. Trovandoci di fronte ad un evento che sembra nascere da un sentimento profondamente idealistico, la nostra tendenza è di cercarvi il “vero” motivo, dal momento che noi siamo convinti che gli uomini agiscono in genere per interesse personale e molto raramente per un bene più astratto. La conquista di Fiume realizzata da D’Annunzio, è però un fenomeno difficilmente valutabile in questa prospettiva, perché, se non mancarono certo tra i cospiratori uomini mossi da scopi egoistici, le motivazioni del Poeta furono invece profondamente idealistiche.”
Così è stato per certi passati approcci all’impresa fiumana, a lungo vituperata, ma adesso ormai “sdoganata” (cosa che non avviene, se non timidamente, con l’immediatamente successiva conquista di potere da parte del fascismo) , e sempre di vivo interesse. Leonardo Malatesta, nel primo capitolo di un suo recente volume dedicato all’argomento, elenca oltre 170 titoli (e, probabilmente, non sono nemmeno tutti) che, in diverse prospettive, affrontano la storia di quei 15 mesi. Fra essi, a mio giudizio, di primaria importanza quello di Claudia Salaris. Argomento particolarmente caro all’immaginario collettivo fascista, quando essere stato “legionario” con il Poeta costituiva titolo di merito quasi allo stesso livello della partecipazione alle avventure squadriste della vigilia, ed a quello postfascista, che ad esso fa frequente riferimento e, caso abbastanza raro, gli ha dedicato, ad opera di Gabriele Marconi, finanche un romanzo. Non starò qui a fare la storia della giornata di quel 12 settembre di 97 anni fa, che do per nota ai lettori. Preferisco piuttosto accennare, con qualche flash, ad alcune curiosità, che aiutino a ricostruire il clima dal quale nacque l’irripetibile impresa. Per esempio, il ruolo delle donne (a Fiume già parecchi passi, rispetto alla bigotta Italia, avanti sulla via della “emancipazione”, come si dice) che così avevano salutato i Granatieri allontanati qualche settimana prima dalla città: “Il venticinque agosto / È successa un porcheria I baldi Granatieri / Da Fiume andaron via Al suon del campanon. Alla mattina all’alba / Suonavan le campane Partivan i Granatieri / Piangevan le fiumane Don dondon / Al suon del campanon”.
E poi l’incredibile svolgimento degli avvenimenti che precedono la partenza della colonna dannunziana, a dimostrazione del fatto che, spesso, pianificazione e organizzazione sono nulla se non supportate da uomini dalla tempra “decisionista”. Infatti, di fronte al cambio di atteggiamento dell’Ufficiale che aveva promesso di fornire gli autocarri per trasportare i dannunziani, che rischia di vanificare tutto, a risolvere la situazione –aiutato da un minaccioso revolver- è, con Guido Keller, Ercole Miani, triestino, Capitano degli Arditi e medaglia d’oro in guerra: “Meno chiacchiere, galantuomo ! Gli impegni sono impegni e vanno mantenuti, quando si è uomini d’onore !” E’ grazie a quel revolver che la colonna di 35 camion può partire, per un viaggio che si rivelerà più difficoltoso del previsto: incroci sbagliati, automezzi in panne, soste continue per i blocchi stradali di tanti altri “disertori in avanti” (come li definirà Marinetti) che vogliono aggregarsi Tra le fila, si fa strada, prepotente, la similitudine con l’epopea garibaldina; un uguale volontarismo spregiudicato, un’uguale volontà indomita, un uguale amor di Patria, un uguale Capo carismatico e fascinoso, un uguale prepotente e apparentemente invincibile nemico a più teste.
Uguale confusione, infine, sia pure “aggiornata e rivista”:“E’ un gran rimescolio di uomini e di macchine; è un pazzesco frastuono di grida; è un indemoniato urlo di motori. Quanti chilometri mancano ? Chi lo sa ! Si corre, ci si ferma, s’impreca, si ritorna a correre. È la follia che ha invaso tutti. Ancora gomme a terra. Ancora camions che si fermano. Non ci sono più gomme di ricambio. Non si può più riparare. Ma ormai c’è la discesa: dunque, avanti ugualmente. E i carri sobbalzano, e i cerchioni delle ruote stridono nella polvere e fra i sassi della strada. Avanti ! mancano pochi chilometri. Avanti !Ma la colonna si ferma ancora….”
Trascinatore indiscusso, Gabriele D’Annunzio. E’ lui che si fa incontro al Generale Vittorio Emanuele Pittaluga, Comandante delle Forze Interalleate di Fiume che prova un ultimo tentativo per fermare la marcia, mentre intorno gli Arditi “rivoltosi”, con i fucili “a baionetta innestata” rumoreggiano. Questo il racconto dello stesso Pittaluga: “E il Poeta: “Ho capito. Ella, Generale, farebbe anche tirare sui miei soldati, che sono fratelli dei suoi….Ebbene, prima che sugli altri, faccia far fuoco su di me –e mi mostrò il petto con i distintivo dei mutilati e il nastrino azzurro della medaglia d’oro- Sì, qui faccia tirare” E, con gesto nervoso, per due volte si picchiò il petto. Ero diventato calmissimo: “Non sarò io, figlio e nipote di Garibaldini, che spargerà sangue fraterno. Ma lei, da buon soldato, ubbidisca” gli dissi “No, andrò a Fiume ad ogni costo” E ai suoi ordinò: “Avanti !”
Sarà poi un Tenente a risolvere la situazione: Costanzo Ranci, che dà gas alla sua autoblindo, la “Gorgone”, e butta giù la barra di confine, esclamando: “Me ne frego!”, in faccia agli ultimi Carabinieri che cercano di sbarrargli la strada. Non può immaginarlo, ma il suo sarà il motto destinato a diventare popolarissimo a Fiume, fino a campeggiare sul vessillo della Squadriglia Autoblindo, e a passare poi alle squadre fasciste e a diventare, infine, comune modo di dire. La strada è sgombra: alle 18, mentre in piazza infuriano i festeggiamenti, il Poeta compare sul balcone del Palazzo del Governo, per iniziare, febbricitante ma risoluto, il suo discorso, che poi costituirà la traccia per tutti quelli successivi della stagione fiumana:
“Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola cosa pura: Fiume; vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume ! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione”. Un solo commento: esserci, quel 12 settembre !
Giacinto Reale