Roma, 12 lug – Il 10 luglio del 1916 dopo aver fermato e respinto la cosiddetta Strafexpedition, le truppe italiane che il giorno prima avevano riconquistato monte Corno in Vallarsa furono accerchiate dagli austriaci. Il battaglione alpino in questione era il Vicenza comandato dall’ex deputato al Consiglio dell’Impero Cesare Battisti.
Battisti era nato a Trento il 4 febbraio 1875. Il padre era un agiato commerciante, la madre discendeva da una nobile famiglia di Rovereto. Compiuti i primi studi nella città natia, aveva frequentato l’istituto superiore di Firenze, uscendo laureato in lettere nel 1897. A vent’anni entrò in politica, caldeggiando l’autonomia. La sua lotta mirava a staccare il Trentino dal Tirolo che lo opprimeva moralmente e materialmente. Si dedicò, in Trentino e in Alto Adige, territori allora dell’Impero Austro-Ungarico, ad una intensa attività politica, conciliando gli ideali irredentisti e quelli socialisti. Nel 1896 fondò il settimanale “L’avvenire del lavoratore”. Si batté anche per la creazione di una università italiana a Trento. Il 7 agosto del 1899 celebrò il matrimonio con Ernesta Bittanti. Nel decennio successivo svolse un’intensa attività politica, fondando il quotidiano “Il popolo”, cui collaborò anche Benito Mussolini, che proprio grazie a Battisti intuì l’importanza della causa nazionale e come la vera lotta di classe non fosse tra individui e classi sociali ma tra nazioni. Il futuro Duce narrò la sua esperienza ne “Il Trentino visto da un socialista”, scritto dopo esser stato espulso dall’Austria.
Nel 1911 Battisti venne eletto deputato alla Camera di Vienna, nel 1914 deputato del Trentino alla Dieta del Tirolo. I suoi discorsi diventarono una continua messa in stato d’accusa delle autorità politiche e militari dell’Austria e dell’influenza nefasta e anti italiana del clero. Quando esplose il confitto europeo, egli capì che non poteva rimanere inattivo. Il 12 agosto del 1914 varcò il confine. Esponente dell’interventismo, da Milano iniziò – insieme a Mussolini, Gaetano Salvemini e a Bissolati – quella fervida, ardente propaganda, per la quale egli va considerato uno dei principali artefici dell’intervento dell’Italia nel conflitto mondiale. Il 29 maggio 1915, non appena il ministro della guerra concesse agli Irredenti di entrare nell’Esercito Italiano, egli si arruolò a Milano nel 5° Reggimento Alpini, come semplice soldato. Venne destinato al battaglione Edolo. Il 23 e il 25 agosto nei fatti d’armi dell’Albiolo si guadagnò la prima medaglia al valor militare. In autunno era sull’Adamello dove compì, con gli Alpini skyatori, come si diceva allora, ardite scorrerie. Nominato sottotenente, nel dicembre venne mandato sul Monte Baldo. Nella primavera del 1916 fu chiamato a Verona presso l’ufficio informazioni della I armata. Ma l’inazione gli pesava e quando, a metà di maggio, si abbatté sul fronte degli Altipiani la Strafexpedition, egli ripartì per la trincea della Vallarsa a capo della 2^ compagnia di marcia del battaglione Vicenza. Arrestata l’offensiva, partecipò ai combattimenti che fecero arretrare il nemico sulle primitive posizioni e oltre. La notte fra il 9 e il 10 luglio il Vicenza ricevette l’ordine di attaccare Monte Corno. L’azione riuscì parzialmente ma, il mancato arrivo dei rincalzi favorisce gli Austriaci che, all’alba, contrattaccarono in forze, infliggendo agli alpini pesanti perdite.
Battisti si difese sino all’ultimo, e, quando si trattò di salvarsi con la fuga, non potè o non volle. Riconosciuto da un rinnegato della sua terra, l’alfiere Bruno Franceschini del I reggimento Landesschützen, e condotto ad al comando del XXI Armeekorps per essere interrogato; di qui venne caricato su una carretta scoperta, circondato d’armati e incatenato e la mattina dell’11 fu condotto attraverso Trento, seguito dall’urlio osceno, coperto dalle percosse e dagli sputi di una turba di soldati e di popolaglia, aizzati dai poliziotti, che avrebbero voluto provargli che la causa per il quale si era battuto e stava per essere ucciso era estranea ai suoi concittadini. L’11 luglio arrivati a Trento subirono nel castello del Buonconsiglio il primo interrogatorio. Battisti chiese di essere difeso dall’avvocato Adolfo de Bertolini di Trento e di poter rilasciare delle dichiarazioni scritte, ma la richiesta fu respinta. La mattina del 12 luglio nel Magno Palazzo del castello del Buonsiglio , nel locale Refettorio adibito ad aula di tribunale, si aprì il processo farsa a Cesare Battisti. Invano Battisti tentò di respingere l’accusa d’alto tradimento e chiese si essere considerato, qual era effettivamente, un combattente caduto prigioniero in guerra aperta, indossante la divisa, come previsto dalle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Austria-Ungheria, e di essere fucilato al petto e non impiccato.
“Quello che ora accade non è una pagina gloriosa per l’Austria ” scriverà più tardi il dott. Carlo Issleib, che diresse il dibattimento, ricordando, fra l’altro come, dopo la condanna, al Battisti non fosse stato consentito di scrivere alla famiglia, come fosse stato condotto al patibolo vestito di rozzi abiti borghesi ed esposto ai dileggi di una folla ostile (i civili trentini considerati irredentisti erano stati internati nel lager di Katzenbach già dal 1915). L’accusato venne dichiarato colpevole di alto tradimento, e condannato a morte per mezzo di impiccagione, Battisti da parte sua fino all’ultimo non rinnegò mai le sue idee a favore dell’Italia, e nel pomeriggio dello stesso giorno viene condotto al patibolo situato nella fossa del castello del Buonconsiglio e le sue ultime parole gridate di fronte agli austriaci furono “Viva Trento Italiana! Viva l’Italia!” Quel pomeriggio Battisti non fu l’unico a perdere la vita nel castello del Buonconsiglio, infatti anche Fabio Filzi residente a Rovereto, arruolato anche lui nel 6° reggimento Alpini venne condannato a morte con lo stesso capo d’imputazione. Se la fucilazione sarebbe stata comprensibile, ad indignare ancor oggi è la scelta dell’impiccagione e soprattutto le fotografie dell’esecuzione, che mostrano la fierezza di Battisti e poi il ghigno soddisfatto e macabro del grasso carnefice in bombetta. Delle macabre fotografie vennero fatte, con ferocia necrofila, una serie di cartoline diffuse in tutto l’impero, che provocarono lo sdegno anche di molti austriaci, come Karl Krauss, che volle la foto di Battisti impiccato in apertura del suo “Gli ultimi giorni dell’umanità” come simbolo della crudeltà e dell’idiozia della guerra. Un mese prima, il 19 maggio del 1916, nello stessa fossa del castello era stato giustiziato tramite fucilazione il giovane irredento Damiano Chiesa, che dopo aver combattuto nel 9° reggimento di Artiglieria da Fortezza era stato catturato dagli austriaci il 17 maggio mentre difendeva i costoni rocciosi di Costa Violina sul monte Zugna e accusato di alto tradimento. In seguito, le autorità austriache, turbate dalle ripercussioni che la tragedia ebbe in tutto il mondo, tentarono di distruggere le fotografie del supplizio e bruciarono le divise dei martiri, e, il 1° novembre 1918, due giorni prima della firma dell’armistizio a villa Giusti, ordinarono che le salme sepolte presso le fogne del castello fossero dissepolte e nascoste in una fossa del cimitero militare sotto la croce e con i resti di un soldato tedesco.
La salma di Battisti venne poi riesumata e provvisoriamente deposte nella tomba di famiglia, nel cimitero di Trento, finché il Fascismo non dette alle ossa del Martire una sepoltura monumentale nel mausoleo eretto dall’architetto Cesare Faggioli su Doss Trento, voluto dal vecchio compagno socialista della vigilia e inaugurato dal Re e dal Segretario del Partito Nazionale Fascista Achille Starace il 26 maggio del 1935, a vent’anni da quella Quarta Guerra di Indipendenza che Battisti ardentemente propugnò per il riscatto della sua terra e nella quale aveva subito il martirio. E oggi, di fronte alle calunnie e agli insulti dei nostalgici dell’Austria [in]felix, basti ricordare le scempiaggini di una consigliera dei Cinque Stelle contro la prevista adunata degli Alpini a Trento nel centenario della Vittorio, degni eredi della canaglia austriacante e vigliacca che insultò Battisti e Filzi condotti al patibolo, al rinato clericume antinazionale, reazionario e codino o terzomondista, pacifondaio e fautore del meticciato, alla sinistra eternamente becera e anti italiana di centri asociali et similia, la figura di Cesare Battisti, socialista, interventista, Martire giganteggia ancora di più per coloro che sappiano vederlo e sentirne la voce.
Alla memoria di Battisti venne concessa la medaglia d’oro al valore militare con questa motivazione: “Esempio costante di fulgido valore militare, il 10 luglio 1916, dopo aver condotto all’attacco con mirabile slancio la propria compagnia, sopraffatta dal nemico soverchiante, resistette con pochi Alpini fino all’estremo, finché tra l’incerto tentativo di salvarsi volgendo il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il capestro Austriaco con dignità e fierezza, gridando prima di esalare l’ultimo respiro: ’’VIVA L’ITALIA’’ e infondendo con quel grido e col proprio Sacrificio Santo, nuove energie ai combattenti d’ITALIA”.
Pierluigi Romeo di Colloredo