Fermo, 9 lug – Dopo la visita medica condotta su Amedeo Mancini, che ha evidenziato la presenza di numerosi ematomi compatibili con una colluttazione (e non con un’aggressione unilaterale), arrivano anche le risultanze dell’autopsia sul corpo di Emmanuel Chidi Namdi, il nigeriano vittima del diverbio. Risultanze che sembrano confermare una verità che sta pian piano prendendo forma. E che dista anni luce dall’iniziale ricostruzione dei fatti.
Primo dato che emerge dall’autopsia è che Emmanuel non è stato colpito da alcun palo della segnaletica stradale. Sul corpo del nigeriano, infatti, si troverebbero solo i segni di un pugno, all’altezza della mandibola. Pugno peraltro sferrato senza particolare violenza, dato che risulterebbe solo una lesione al labbro senza interessamento dell’arcata dentaria, che risulta perfettamente integra. La morte del richiedente asilo, secondo il medico legale Alessia Romanelli, incaricata dell’esame dal sostituto procuratore di Fermo Francesca Perlini, è invece da ascrivere alla frattura posteriore del cranio, causata dall’impatto con un marciapiede dopo la caduta all’indietro del nigeriano, cui è seguita una copiosa emorragia.
I tre elementi sembrano potenzialmente poter ribaltare la versione circolata inizialmente, che peraltro vede la sola moglie di Namdi come testimone. Acquista invece quota la versione fornita dal Mancini e dalla “superteste” Pisana Bacchetti, vale a dire quella di una colluttazione nella quale sarebbero stati il nigeriano insieme alla moglie ad aggredire – la testimone aveva parlato di “vero e proprio pestaggio” – il fermano, colpendolo anche con un segnale stradale sradicato da terra.