Roma, 14 giu – Il 14 giugno 1928 nasceva a Rosario, in Argentina, Ernesto Guevara de la Serna, destinato a passare alla storia, col nomignolo di Che, per l’apporto dato alla rivoluzione comunista cubana e per essere stato, dopo l’instaurazione del regime castrista, uno dei suoi principali esponenti. Di lui si è detto e scritto tutto. Non è neanche una novità sconvolgente quella per cui, nella visione guevarista dell’uomo nuovo, non ci fosse posto per l’omosessualità: che il Che sia stato l’artefice della creazione di veri e propri campi di concentramento per omosessuali, in cui finirono anche molti simpatizzanti per la rivoluzione, è cosa ben documentata. Eppure il brand guevarista va forte proprio in quei settori che vorrebbero fare l’esame del dna a chiunque sia anche solo in odore di “omofobia”.
Beninteso, non vogliamo frettolosamente liquidare qui la rivoluzione cubana con un giudizio piccolo-borghese limitato ai suoi “crimini”, ma certo la contraddizione stride, e parecchio. Non è la sola, se restiamo in campo “lgbt”: al recente gay pride di Roma, per esempio, sono stati fotografati dei cartelli che inneggiavano al boicottaggio dei prodotti israeliani e alla libertà della Palestina. Ben fatto, la causa palestinese gode di tutta la nostra simpatia. Ma, anche qui, non si può non ragionare in punta di coerenza: Israele è uno Stato estremamente gay friendly, cosa che è difficile dire della controparte palestinese e del mondo musulmano in genere. È questo il motivo per cui, dopo la strage di Orlando, il pensiero dominante è andato in tilt: un musulmano, figlio di immigrati, che fa strage di gay. Come uscirne? Sel, in Italia, ha risolto la questione, dando la colpa al fascismo, ma questa è patologia psichiatrica e va lasciata quindi agli specialisti.
Abbiamo detto del gay pride: non è forse quella una contraddizione ambulante? Uno sfoggio identitario per rivendicare diritti e uguaglianza. L’espressione di una sottocultura trasgressiva per reclamare l’accesso al perbenismo borghese. Un ostentato “siamo diversi da voi” per far capire alla gente “siamo uguali a voi”. Ora, questo micro-viaggio che parte da Che Guevara e arriva non a Madre Teresa, come la Chiesa immaginaria di Jovanotti, ma allo stragista di Orlando passando per i carri chiassosi del gay pride, cosa vorrebbe dimostrare? Nulla, se non che l’ortodossia politicamente corretta, che ha nelle rivendicazioni lgbt la sua punta di lancia più avanzata, è un sistema logico fallace e un sistema etico claudicante. E che la dittatura del pensiero unico è innanzitutto una dittatura del non pensiero.
Adriano Scianca
4 comments
Scianca, ma stiamo anche a parlarne? Ma chi se ne frega di ’sta gente, non se ne può più dell’argomento, basta, sembra che l’omosessualità sia diventata il centro dell’universo, che palle!
Ma basta co stì froci!!!!!!!!!!!!
Nun se ne pò più!!!!!!!!!
Ma poi mi sono sempre chiesto: ma perché il gay pride, invece di farlo in maniera offensiva e urtante in posti dove vengono tollerati se non addirittura difesi, non lo fanno in luoghi dove realmente ha un senso perché pesantemente discriminati, come ad esempio a Teheran o Lagos?
Riguardo all’evento di Orlando, prenderei tutto cum grano salis. Una coproduzione dei media controllati e di certi elementi dello Stato. Non c’è sangue, le vittime sono troppe, i medici intervistati nessuno li conosce, testimoni che piangono con gli occhi asciutti, ecc. Un’altro psicoattentato come Sandy Hook.
https://www.youtube.com/watch?v=OC5tDJTIzPQ
Detto ciò questi movimenti minoritari sono una mazza per frammentare la maggioranza silenziosa e sofferente.