Un documento interno del Dipartimento di Stato USA, firmato da una cinquantina di funzionari di medio livello, esprime forti critiche alla politica siriana di Barack Obama, chiedendo un intervento deciso contro il governo del Presidente Assad.
Non ci sarebbe nulla di strano (il dissenso interno al Dipartimento storicamente è sempre stato accettato) se il documento non fosse arrivato al New York Times e al Wall Street Journal, che ne hanno dato grande risalto sulle loro prime pagine.
In pratica, la tesi dei firmatari è che l’atteggiamento tenuto da Obama, concentrato nel supporto alle milizie curdo-arabe delle Syrian Democratic Forces (SDF), molto attive contro l’Isis ma sostanzialmente non ostili al governo di Damasco – di cui in alcuni casi sono state alleate de facto, non solo contro il Califfo, ma anche nei confronti di Al Nusra e del Free Syrian Army – vada contro gli interessi americani in quanto lascia le mani libere al Regime nella riconquista di ampie porzioni di territorio. Al contempo, ritengono che il mancato intervento contro Assad abbia favorito il prolungamento del conflitto in quanto terrebbe in disparte i sunniti siriani, impedendo di coinvolgerli nella lotta allo Stato Islamico.
Senza invocare un intervento militare vero e proprio – sconsigliato già dal 2012 dai vertici delle forze armate, che sembrano averne ben compreso gli enormi rischi – i funzionari critici della politica di Obama vorrebbero che tale intervento fosse semplicemente minacciato, per permettere al Segretario di Stato John Kerry di avere maggior peso negoziale nel trattare la sospensione del conflitto e l’uscita di scena di Bashar Al Assad.
Che questa teoria faccia acqua da tutte le parti è abbastanza evidente. Minacciare un intervento militare – che inevitabilmente porterebbe a un confronto durissimo con Russia e Iran – dopo che i generali hanno già espresso tutte le loro perplessità, anche sulla scorta delle catastrofi causate dalle operazioni dello scorso decennio in Afghanistan e Iraq, è quanto meno discutibile. E se l’opzione di mettere “gli stivali sul terreno” è scartata a priori, non è chiaro come potrebbero gli Stati Uniti mettere in crisi Assad, visto che gli alleati sul campo, le SDF, hanno più di qualche difficoltà nel prendere Manbij all’Isis, e non riescono ad imbastire un’offensiva seria verso Raqqa. Figuriamoci Damasco.
A meno che, e questo il documento dei dissidenti non lo dice, non si ritenga un interlocutore credibile, e un potenziale alleato, il Fronte Al Nusra. Perché se si fa riferimento ai siriani sunniti che si oppongono tanto all’Isis quanto al Governo, è indubbiamente Al Nusra la formazione militarmente (e politicamente) più organizzata. E come tutti sanno, è la diretta emanazione di Al Qaeda, imbottita di dirigenti e di quadri scelti personalmente da Al Zawahiri, capo dell’Organizzazione dopo la morte di Osama Bin Laden.
Tutto il memorandum, allora, andrebbe letto in prospettiva elettorale, visto che la posizione dei firmatari è molto vicina a quella della candidata democratica alla Presidenza, Hillary Clinton. Da sempre su posizioni interventiste, vede Assad come il fumo negli occhi, e nel momento in cui l’esercito siriano, grazie al supporto russo e iraniano, sembra in grado di riprendere il controllo di buona parte del territorio nazionale, la Clinton potrebbe aver bisogno di aumentare la pressione su Damasco, per arrivare fra sei mesi alla Casa Bianca con una situazione ancora in bilico, e imbastire così una politica molto più aggressiva di quella dell’attuale Presidente. Il tutto, s’intende, Trump permettendo.
Mattia Pase
2 comments
Temo che nonostante tutto, al seggio presidenziale degli usa ci ritroveremo proprio questa megera.
Spero che riesca a far definitivamente collassare gli stati uniti.
Beh, il collasso di molti sistemi sarebbe auspicabile, forse anche il nostro, se non fosse che le sofferenze che ciò causerebbe a indifesi, bambini, e onesti cittadini e lavoratori sarebbero immani.
Vi è un cancro diffuso nel nostro mondo: non abbiamo più statisti, condottieri che imprimano una direzione alle nostre nazioni. Il nostro pianeta può sfamarci tutti, la nostra tecnologia può permetterci agiatezza, il nostro intelletto ci pu consentire in un tempo ragionevole (600-1000 anni) non solo di diventare una civiltà kardashian di tipo 2 ma forse anche di raggiungere l’iperspazio ed espanderci tra le stelle. Credete che sia follia? Questo percorso è l’unico che ci può permettere di crescere senza stagnare nei nostri conflitti per sempre. L’uomo combatterà sempre il suo simile a meno che non gli si dia una meta, uno scopo così grande da “cortocircuitare” il suo misero pensiero quotidiano fatto di piccolezze e meschinità.
La razza umana si deve “diluire” nella vastità del cosmo perché la sua concentrazione risulta letale.