Mogadiscio, 7 giu – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan la settimana scorsa è stato in viaggio ufficiale in Somalia per inaugurare la “Più grande ambasciata turca del continente africano”. Accolto in un tripudio di bandiere turche e somale e pesantemente scortato da forze speciali di Ankara, Erdogan era reduce da due tappe in Kenya e Uganda.
Non è il primo viaggio in Somalia del Premier turco: già nel 2011 e nel 2015 si era recato a Mogadiscio nel quadro del processo di ricostruzione del Paese. La Turchia infatti sta investendo pesantemente nelle infrastrutture del martoriato Paese del Corno d’Africa. I soldi di Ankara hanno permesso la costruzione di importanti infrastrutture quali il nuovo porto e aeroporto di Mogadiscio, il nuovo ospedale e hanno permesso la costruzione dell’impianto di illuminazione stradale della capitale. Per quest’anno la Turchia ha inoltre stanziato la bellezza di due milioni di dollari al mese, secondo quanto riporta l’agenzia stampa Anadolou, per il governo somalo; una quantità di denaro che fa della Turchia il primo investitore assoluto nel Corno d’Africa.
Per questo Erdogan è stato accolto come una sorta di “eroe” dalla popolazione somala, martoriata da decenni di guerriglia e carestie. Questo atteggiamento del governo turco si inquadra anche in una lotta all’immigrazione clandestina, difatti grazie agli accordi di ricostruzione è possibile mettere in pratica quello che i governi di questa debole Europa proclamano da anni: la creazione di benessere in quei Paesi africani che più soffrono di questo fenomeno in modo da calmierarlo se non addirittura eliminarlo del tutto. “I nostri progetti in Somalia vanno avanti” ha annunciato infatti Erdogan, incassando l’appoggio del presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud che ha elogiato la Turchia dicendo che le sue azioni indicano quanto il governo turco sia impegnato nell’aiutare il suo Paese, che quest’anno ha in programma le elezioni presidenziali nonostante i combattimenti e le violenze.
Ovviamente tutto questo ha un prezzo anche per la Somalia. La Turchia infatti è pronta ad aprire la sua prima base militare del continente africano, in grado di ospitare fino a 1.500 uomini dove i militari di Ankara addestreranno truppe somale nella contro insurrezione contro i miliziani jihadisti Shabab.
E l’Italia? Per vedere qualcosa di lontanamente simile occorre andare indietro al 2014 quando giunse a Mogadiscio il sottosegretario agli esteri Lapo Pistelli. Visita che non portò a nulla in quanto le richieste somale per una missione militare italiana di consulenza alle forze di Mohamud rimasero nel dimenticatoio della politica italiana, troppo impegnata a essere prona agli interessi americani nel medio oriente, che per noi sono quasi del tutto marginali rispetto ad altri teatri come quello libico o appunto quello somalo. La Somalia infatti non è solo una nostra ex colonia esempio di decolonialismo illuminato, nonostante i recenti incidenti di percorso come quello al “Checkpoint Pasta”, ma rappresenta una terra da dove emigra una fetta abbastanza consistente di popolazione verso l’Europa, ed in particolare verso l’Italia. Aiutare militarmente, ma soprattutto economicamente costruendo infrastrutture, la Somalia, dovrebbe quindi essere tra i punti principali dell’agenda di politica estera del nostro Paese; invece, per ignavia o miopia non lo sappiamo, abbiamo ancora passato la mano ad altri attori dello scenario internazionale come la Turchia, sempre più decisa a diventare una piccola potenza d’area nello scacchiere mediterraneo ed africano. Così mentre il Governo Renzi fa dietrofront sulla Libia ma trova truppe e denaro per Mosul, Erdogan instaura rapporti con quei paesi dell’Africa che dovrebbero rappresentare il nostro canale privilegiato per tutta una serie di motivi che vanno dagli interessi commerciali a quelli geopolitici, senza considerare il pressoché totale abbandono di un’altra nostra ex colonia, l’Etiopia, lentamente consegnata alla Cina. Quando l’Italia si sveglierà da questo sonno della politica sarà forse troppo tardi.
Paolo Mauri
1 commento
L’ Italia secondo me, non si sveglierà mai.
Valga l’ antecedente storico, eloquente quanto mai della “politica delle mani pulite” di Cairoli e del dietrofront dell’ appena costituito Regno d’ Italia, in un momento in cui le altre potenze europee si buttavano a capofitto a spartirsi l’ africa.
Credo che sarebbe interessante un’ articolo che trattasse della ripetitività dei nostri errori – come nazione – e della marcata incapacità di capire da essi, evolvendoci sensibilmente.
Comunque, ottimo articolo ed ottima analisi come sempre, Sig. Mauri.