Trento, 27 mag – Si è concluso con quattro condanne il processo con rito abbreviato nei confronti dei quattro presunti jihadisti appartenenti alla cellula terroristica “Rawti Shax” di Merano sgominata dai ROS dei Carabinieri novembre scorso in Alto Adige. L’udienza, celebrata in Corte d’Assise nel capoluogo trentino, ha visto alla sbarra Eldin Hodza (unico kosovaro del gruppo) e i curdi Abdula Salih Ali Alisa, alias “Mamosta Kawa”, e Hasan Saman Jalal, alias “Bawki Sima”. Il giudice Marco La Ganga, al termine dell’udienza, ha condannato tre dei quattro rispettivamente a quattro anni di reclusione mentre è stato condannato a sei Abdul Rahman Nauroz ritenuto il reclutatore della cellula.
Per tutti si contesta la violazione dell’articolo 270 bis del codice penale, ovvero associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. I quattro presunti jihadisti rimangono per il momento reclusi nel carcere di Trento, dove sono detenuti dall’autunno dello scorso anno. Ci saranno ora 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza e la difesa già annuncia di voler ricorrere in appello. A novembre dello scorso anno, furono in realtà diciassette le persone arrestate nell’ambito dell’operazione condotta dai ROS. Molti di loro vennero però scarcerati poco meno di una settimana dopo o comunque nelle settimane successive l’arresto su ordinanza del giudice per le indagini preliminari Francesco Forlenza secondo il quale non vi erano sufficienti elementi per la misura cautelare del carcere. In tre, una volta tornati in libertà, hanno fatto perdere le loro tracce.
Ancora più sconcerto creò l’apprendere che due dei presunti terroristi arrestati tra Bolzano e Merano hanno ricevuto nel corso degli anni, e tuttora ricevono, numerosi aiuti economici dallo Stato per differenti motivazioni. Nauroz Abdul Rahman, in particolare, viveva in una casa pagata interamente dallo Stato Italiano grazie all’asilo politico del quale godeva. L’uomo aveva infatti richiesto asilo, raccontando di essere oggetto di minacce di morte in Iraq da parte di Ansar Al Islam, organizzazione terroristica della quale era invece membro. Rahman aveva così avuto diritto ad una casa a Merano a titolo gratuito. La stessa dalla quale reclutava aspiranti jihadisti ed organizzava azioni terroristiche. Hasan Saman, un altro degli arrestati, riceveva invece mensilmente 2mila euro in quanto padre di cinque figli. Nel frattempo però lavorava per riuscire ad arruolarsi con gli uomini di Al Baghdadi. In particolare l’attenzione si concentrò su Nauroz Abdul Rahman, un ragazzo come tanti che conduceva una vita come i giovani della sua età. Questo, almeno all’apparenza. Sotto gli occhi dei vicini e delle persone che abitavano nelle vicinanze della sua abitazione, per tutti Abdoul Rahman Nauroz era un profugo che si appoggiava alla Caritas per ricevere cibo e vestiti. A nessuno è mai venuto il dubbio potesse in realtà essere un potenziale reclutatore di jihadisti.
Arriva in Italia nel 2008, espulso dalla Norvegia per aver fornito false generalità. In Italia, si presenta come profugo richiedente asilo, che ottiene il 30 aprile 2009, dopo avere presentato documentazione che un anno dopo si scopre essere falsa, e per questo viene sequestrata nel novembre del 2011 presso la sua abitazione. Dal dicembre 2008 si sistema a Merano in un monolocale di un residence con affitto totalmente sostenuto a spese dei Servizi Sociali. Da luglio 2010 e per tutto il resto dell’anno, è in carcere in Francia per traffico di clandestini.
A capodanno 2011 esce di prigione e ritorna a Merano, dove continua a ricevere un sussidio di sostentamento mensile. Nel gennaio 2014 viene arrestato per un altro reato pregresso, dopo 5 anni di residenza in Italia nei quali risulta non avere mai lavorato. Delle intercettazioni che hanno portato al suo arresto, emergono alcuni particolari interessanti, come quando Nauroz da appuntamento alla moschea di via Huber a Merano (che l’indagato agli arresti frequenta regolarmente), all’amico Eldin Hodza in ritorno dalla sua missione jihadista in Siria. Oppure, quando a un amico confida: “ Sto pensando di lasciare questo Paese nel caso i Servizi Sociali taglino il mio sussidio sociale”. Sussidi che non verranno mai tagliati.
Persona silenziosa, sembrava solo volesse integrarsi. Nauroz si dichiara di nazionalità irachena, e di religione islamico-sunnita. Molto conservativo, prega ogni giorno e cerca una “ragazza musulmana brava”.
I vicini raccontano che il ragazzo aveva ricevuto un appartamento dal Comune, uno di quegli appartamenti vuoti da anni, di proprietà di una bolzanina. Il Comune pagava l’affitto e Nauroz ci viveva. Ma nessuno della zona aveva mai espresso alcun tipo di preoccupazione nei suoi confronti. Fino a quando in realtà, negli ultimi periodi era stato visto scaricare nella sua casa, un grande quantitativo di strumenti elettronici come televisioni e lavatrici. Strano per un profugo disoccupato portare a casa ogni giorno oggetti di quel valore.
Lorenzo Molinari