Roma, 23 mag – Che sia giusta oppure no, che ci piaccia oppure no, sulla Brexit è giusto che decidano i britannici, non i soliti poteri forti a colpi di allarmi terrorizzanti. Eppure è proprio questa la strada che si sta percorrendo. Ministri delle Finanze e banchieri centrali delle 7 maggiori economie avanzate, riuniti in Giappone, cercano di dissimulare neutralità rispetto a una questione su cui deve ancora esprimersi il popolo britannico con il referendum del 23 giugno. L’orientamento generale è comunque chiaro: l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non è vista affatto di buon occhio.
“Le incertezze sono aumentate, con i conflitti geopolitici, il terrorismo, l’afflusso di rifugiati e, inoltre, lo choc di una eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue che andrebbe a complicare il contesto economico mondiale”, recita il documento finale del vertice. È il solito discorso: il popolo è libero di votare, ma se sbaglia voto saranno pianti e stridor di denti. Il ministro delle Finanze inglese, George Osborne, è decisamente più esplicito: “Basta parlare con i ministri di Francia, Germania e altri paesi per capire che se lasciassimo l’Unione, volendo accedere al mercato unico dovremmo contribuire al bilancio dell’Ue, accettare la libera circolazione delle persone ma senza – ha sostenuto Osborne – aver modo di dire la nostra su queste politiche”. Osborne parla al portafoglio degli inglesi: Brexit, dice, potrebbe fa abbassare i prezzi immobiliari di una quota tra il 10 e il 18 per cento. “Se usciamo dall’Unione Europea – ha detto – ci sarà un immediato choc economico per i mercati finanziari… la gente non saprà cosa riserva il futuro. E nel lungo termine, il Paese e la sua gente saranno più poveri. Ciò colpirà negativamente il valore delle case, e al tempo stesso coloro che comprano la prima casa saranno colpiti dai tassi sui mutui che saliranno. Ottenere un mutuo sarà più difficile. È una situazione in cui tutti perdono”.
Roberto Derta