Caracas, 4 mag – Negli ultimi mesi le tensioni e le violenze hanno destabilizzato il Venezuela guidato da Nicolas Maduro, alla base ci sono i problemi cronici legati all’alto tasso di criminalità, l’inflazione galoppante e la scarsità di generi alimentari e medicinali. Le proteste sono state sfruttate dall’opposizione del regime bolivariano, che ha soffiato sul fuoco del malcontento popolare inasprendo lo scontro. Il Primato Nazionale aveva già analizzato il quadro generale della situazione venezuelana in alcuni precedenti articoli.
Da ieri lo scontro è passato ad una nuova fase, dagli scontri di piazza alla battaglia legale. La Mesa de Unidade Democrática (MUD), la principale coalizione di opposizione, ha presentato presso il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) più di un milione di firme per attivare un referendum che revocherebbe il mandato dell’attuale presidente, Nicolas Maduro. Il numero di firme raccolte supera abbondantemente quello richiesto dalla legge, ovvero l’1% che equivale ad appena 195 mila firme, e dovrebbe esserne valutata la validità da una commissione del CNE. La scadenza massima dei termini è di 30 giorni, mentre l’opposizione afferma che le operazioni potrebbero concludersi in 5 giorni. Per questo motivo è iniziato lo scontro tra opposizione e magistratura. Per l’opposizione il nodo cruciale del referendum è la data, infatti, se questo dovesse svolgersi dopo il 10 gennaio 2017 anche se dovesse avere esito positivo non seguirebbero le elezioni anticipate, ma entrerebbe in carica fino al 2019 il vicepresidente, Aristóbulo Istúriz.
Nonostante il periodo di crisi e il calo di popolarità, il governo del presidente Maduro davanti all’ipotesi referendaria si è detto pronto ad affrontare “qualsiasi battaglia” e che “la principale di queste è quella a cui stiamo lavorando adesso, superare la guerra economica e il problema della carenza di approvvigionamenti”.
Guido Bruno