Roma, 23 apr – Il sistema pensionistico è tutto tranne che solido e garantire una pensione adeguata ai lavoratori sarà sempre più difficile, le parole pronunciate da Tito Boeri non più tardi di pochi giorni fa lo confermano. E il governo, diligentemente, si accoda al fatalismo previdenziale, mettendo per l’ennesima volta nel mirino, il Tfr, il trattamento di fine rapporto dei lavoratori.
Allo studio dell’esecutivo sarebbe, infatti, una mini-riforma della previdenza per la quale, oltre all’adesione obbligatoria ai fondi pensione, il Tfr – o una sua parte – dovrà essere destinato a forme di previdenza complementare. I fondi pensioni, al fine di renderli più convenienti, sarebbero sgravati di almeno 3-4 punti di tassazione, oltre ad aumentare la deducibilità fiscale dei versamenti. Per quanto riguarda il Tfr, invece, sarebbe la sua fine dato che uscirebbe del tutto dal perimento della liquidazione al termine del contratto per diventare un vero e proprio contributo periodico.
Le cifre in ballo, secondo una prima stima, sono considerevoli: almeno 20 miliardi. Con quali garanzie? L’esperienza non aiuta, dato che nei casi in cui il Tfr è stato lasciato in azienda i rendimenti sono pressoché sempre stati più elevati della gestione “a mercato”.
Nato come prima forma di liquidazione – anche considerevole – al termine del contratto di lavoro, nonché di risorse a disposizione dell’azienda per politiche di autofinanziamento degli investimenti, nel tempo il Tfr è diventato oggetto del desiderio. Si tratta, d’altra parte, di una quasi miniera d’oro: l’ammontare del suo accantonamento in bilancio corrisponde ad una mensilità ogni anno per ciascun lavoratore impiegato, risorse preziose perché a lungo termine dato che non possono essere chiesti anticipi prima del tempo, se non parziali e a condizioni eccezionali. Senza considerare che la sua rivalutazione è certa e disposta per legge, come forma ulteriore di garanzia. Non sorprende, in tal senso, che la maggioranza dei lavoratori abbiano per l’appunto deciso di “lasciarlo in azienda”, evitando di aderire ad opzioni – come quella di riceverlo in busta – che ha fatto il pieno di flop.
Filippo Burla
1 commento
E tra un po’ si scoprira’ che i fondi pensione hanno investito in titoli tossici, ovviamente prodotti dagli stessi banksters proprietari
sia delle società che gli producono che delle società di rating che ne attestano la solidità. Le piu’ importanti società di rating sono infatti di proprietà privata e a loro è addirittura permesso il monopolio dei giudizi sulla affidabilità degli stati. Lo spread fu fatto salire proprio per per un voto negativo di queste per far cadere Berlusconi e mettere Monti(come Prodi e Draghi ex consulenti Goldman Sachs che di recente è stata multata di 6 miliardi di $ per produzione di titoli tossici) La procura di Trani ha indagato sull’ abbassamento del rating ingiustificato che fu fatto da una di queste società di rating a quei tempi che portarono ad un aumento dei tassi del debito pubblico in Italia.