Roma, 3 apr – Lavorare per i francesi, difendere l’emendamento “incriminato” e dichiararsi pure autonomi, indipendenti. Quasi sovrani, manca solo. E’ senza vergogna Maria Elena Boschi, intervistata da La Stampa sui fatti che hanno portato alle dimissioni di Federica Guidi, coinvolta nello scandalo sugli appalti per l’estrazione del petrolio, mentre prova un goffo, goffissimo salvataggio in calcio d’angolo che rischia, però, di tramutarsi in autogol.
“Io quel provvedimento lo difendo, risponde a una necessità, crea lavoro. Naturalmente posso sbagliare, non dico di essere perfetta. Ma anche nei miei errori c’è sempre la buonafede, mai la lusinga di qualcuno o gli interessi personali”, spiega la Boschi. “Crea lavoro” ( o in alternativa gli investimenti) sembra essere il passepartout. Come anche la successiva dichiarazione di purezza: “Ci attaccano i poteri forti proprio perché non siamo schiavi dei poteri forti, non siamo il terminale di niente e di nessuno”.
Peccato che la celerità nell’approvare l’emendamento incriminato (alle quattro di notte) vada a beneficio quasi esclusivo della francese Total, che da anni sfrutta il petrolio della Basilicata. Che il provvedimento servisse era fuori dubbio ma la celerità nel fare gli interessi stranieri è quanto meno sospetta mentre, nel frattempo, l’Eni nazionale non viene – nella migliore delle ipotesi – seguita, se non addirittura lasciata al suo destino che, per grazia divina, riesce ancora a costruirsi in autonomia e nonostante l’incapacità del governo. Ne sia di esempio Taranto, dove l’area di stoccaggio petroli (Eni, appunto) è anch’essa in attesa da anni senza che l’esecutivo lavori la notte per sbloccare anche questa situazione.
Nicola Mattei
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La faccia come il culo.