Madrid, 5 giu – Niente da fare per Pedro Sanchez, il segretario del Partito Socialita a cui è stato affidato, da parte del Re Felipe VI, l’incarico di formare il governo della Spagna dopo le elezioni dello scorso dicembre che avevano segnato la fine del bipartitismo Psoe – Partito Popolare.
Sanchez ha ottenuto, al secondo tentativo, solo 131 voti a favore sui 350 deputati delle Cortes. E’ la prima volta nella storia della Spagna che un premier in pectore non riesce a raggiungere la maggioranza. La sconfitta del segretario del Psoe è maturata nel duro scontro con l’ex presidente del Consiglio Mariano Rajoy, che ha negato qualsiasi forma di appoggio, ma anche nell’avversione di Podemos, la formazione “antisistema” di Pablo Iglesias, che non ha ceduto ai numerosi appelli lanciati negli ultimi giorni. Non sono bastati i voti di Ciudadanos, controfigura di Podemos in versione centrodestra, per evitare lo stallo. Durissima la reazione di Sanchez, che accusa Iglesias di “avere tradito i suoi milioni di elettori” e di essere “responsabile del fatto che Mariano Rajoy continui a essere premier”.
La palla passa adesso di nuovo nelle mani del Re. Felipe dovrà ora individuare un nuovo soggetto cui affidare l’incarico, considerando però che un’inedita alleanza Psoe-Pp è via difficilmente percorribile soprattutto per l’opposizione da parte dei primi. Iglesias, da parte sua, propone un governo che vada dal Psoe al movimento di estrema sinistra Izquierda Unida, ipotesi che troverebbe Podemos d’accordo ma che si fermerebbe a 161 voti, dovendo quindi contare sull’astensione (o sul ricatto?) degli indipendentisti baschi e catalani.
La data-limite per la formazione dell’esecutivo è il prossimo 2 maggio. Se entro allora non sarà costituito il nuovo governo, la Spagna dovrà tornare alle urne a giugno. Con il rischio di vedere la composizione politica nazionale ancora più frammentata.
Nicola Mattei