Il premier Enrico Letta ha accettato le dimissioni del sottosegretario alla pubblica amministrazione Michaela Biancofiore. Unica dimissionaria dimissionata per davvero, che apre con un piccolo grande caso politico la seconda fase del governo Letta.
«Dopo che i ministri le avevano ritirate – ha spiegato il presidente del Consiglio – lei le ha mantenute. Quindi le ho accettate per far capire che sono cambiate le cose».
Una dichiarazione che suona un po’ come una scusa, dal momento che nessuno dei ministri in quota Pdl aveva in realtà ritirato le proprie dimissioni, altrimenti il premier Letta non avrebbe certo potuto respingerle, a poche ore dal voto di fiducia. Che il primo ministro non abbia raccontato le cose come stanno realmente è, dunque, evidente.
E la reazione della Biancofiore non si è certo fatta attendere, dopo essersi già detta «furibonda» appena la notizia aveva cominciato a circolare ed era ancora da verificare: «posto che, come tutte le agenzie nazionali hanno battuto, i ministri non hanno ritirato le dimissioni ma sono state respinte dallo stesso Letta, attendo intervento dal vice premier Alfano nonché segretario del mio partito, affinché renda noto se trattasi di una epurazione frutto di una precisa scelta politica».
Del resto, fin da subito la vita governativa del ministro non era stata facile, immediatamente al centro delle polemiche e sostituita alle Pari opportunità dopo soli due giorni dalla nomina.
Letta non aveva gradito alcune dichiarazioni sui gay rilasciate dalla Biancofiore: «Mi piacerebbe per una volta che anche le associazioni gay, invece di autoghettizzarsi e sprecare parole per offendere chi non conoscono, magari condannassero i tanti femminicidi delle ultime ore. Difendono solo il loro interesse di parte». Parole che, unite alla sua contrarietà alle nozze gay, l’avevano spedita direttamente alla Pubblica amministrazione. Ma anche là, come abbiamo visto, non è durata più di tanto ed il premier, ormai libero dai diktat berlusconiani, ha sfruttato cinicamente la prima occasione utile per sbarazzarsene definitivamente.
Una scelta, in fin dei conti, neanche troppo misteriosa, se si legge tra le righe di un linguaggio simil-democristiano tanto caro all’ex vicesegretario del Pd ed alla nuova maggioranza all’insegna delle “larghe intese”.
«Far capire che le cose sono cambiate». Questo l’intendimento del premier che ha con tutta evidenza fatto fuori la più berlusconiana dei suoi ministri, che pesava chiaramente sullo stomaco di uno che si è appena tolto di mezzo le minacce politiche di Berlusconi in parlamento.
La vera e propria cacciata della Biancofiore, dunque, è la definitiva deberlusconizzazione del governo. Una che solo due giorni fa è stata filmata a cena con la “fidanzata” del Cavaliere. Una che già ad agosto difendeva il Pdl proprio da quanto è poi avvenuto con il voto di fiducia in Parlamento e scriveva: «per noi lui è stato l’inizio e sarà la fine, è stato l’alba e se così sarà – e io non lo credo, staremo con lui fino al tramonto ». Una che, nonostante abbia votato come tutto il Pdl la fiducia al governo Letta, nei giorni precedenti stava con i falchi, chiedeva le elezioni, additava chi divideva il partito e rivendicava: «noi abbiamo un solo presidente: Berlusconi».
A dispetto delle apparenze, dunque, il caso Biancofiore ci offre una conferma: nessuna dietrologia, Berlusconi è stato sconfitto. Almeno per ora, oltre ogni ragionevole dubbio.
Emmanuel Raffaele