Bruxelles, 16 feb – Il Governo Renzi ci ha abituato, attraverso la continua propaganda, a credere che l’Italia si stia facendo valere nel consesso delle Nazioni europee. Nella giornata di ieri però si è persa una importantissima occasione in questo senso durante il vertice fra i ministri dell’Industria dei Paesi Ue produttori di acciaio e la Commissione Europea, riunione disertata dal nostro ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi.
La questione in gioco è delicata non solo per gli interessi italiani, il caso Ilva è lì a dimostrarlo, ma per tutti i paesi europei produttori di acciaio: a Bruxelles infatti sono sfilati in corteo migliaia di operai siderurgici che chiedevano di non concedere alla Cina lo status di economia di mercato, provvedimento che imporrebbe la drastica riduzione dei 37 dazi attualmente in vigore a protezione di questo comparto implicando pesanti ricadute per i produttori europei, Italia compresa. L’Italia, peraltro, è anche uno dei sette firmatari – insieme a Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Gran Bretagna e Polonia – di una missiva inviata il 5 febbraio a Bruxelles in cui si afferma che “l’Unione Europea non può restare passiva mentre l’incremento della perdita di posti di lavoro e le chiusure di fabbriche di acciaio mostrano che vi è un significativo e incombente rischio di collasso del settore europeo del settore”. Nella lettera viene inoltre chiesto “alle istituzioni europee di usare ogni mezzo utilizzabile e intraprendere un’azione in risposta a questa nuova sfida”.
L’occasione sarebbe stata quindi perfetta per “battere i pugni” sul tavolo delle trattative in difesa del nostro comparto siderurgico, già vessato da decenni di delocalizzazioni e svendite che hanno portato, tra gennaio e settembre del 2015, ad un crollo dell’8,8% della produzione, ma il ministro Guidi, cofirmatario della lettera, diserta l’incontro di Bruxelles, adducendo non meglio precisati “impegni improvvisi”, mentre gli altri grandi paesi produttori di acciaio c’erano tutti. Fonti ufficiali del Ministero sostegono che “Sopraggiunti e rilevanti impegni istituzionali che l’hanno trattenuta in Italia”, ma, come se non bastasse, al danno viene aggiunta la beffa come nella migliore commedia all’italiana: il sostituto nominato a presenziare al vertice, Stefano Firpo direttore generale per la Politica industriale, la competitività e le Pmi, non ha potuto partecipare alla riunione perché tecnico e non rappresentante della politica. A conti fatti quindi, l’Italia è rimasta esclusa da questo importante avvenimento.
C’è di più. Come riporta il sito “Stati Generali” il sostituto migliore, il viceministro allo sviluppo economico Carlo Calenda, era a Bruxelles per preparare la sua prossima nomina a rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue; sarebbe quindi bastata una telefonata da parte del Ministero per riorganizzare l’agenda di Calenda e permettergli di partecipare al vertice sull’acciaio, anche considerando il fatto che lo stesso viceministro è stato tra le persone più attive nella battaglia contro la concessione dello status di economia di mercato a Pechino. L’uomo giusto al momento giusto e nel posto giusto, come si suol dire, peccato che il Governo sia afflitto da miopia. Il futuro esito di questa pesante assenza possiamo solo immaginarlo, quello che conta è che l’Italia di Renzi ha perso l’ennesimo treno per far pesare i propri interessi in Europa, e tutto per demerito dei nostri governanti.