Roma, 12 feb – Mai come in questi giorni si parla di famiglia. Dal palco dell’Ariston all’aula di Palazzo Madama. C’è chi la preferisce eterosessuale, chi la vuole arcobaleno. Sembra di essere in pizzeria, arriva il cameriere con il block notes e ognuno sceglie dal menù la sua preferita: margherita, capricciosa, etc. Infatti, in questi giorni l’Italia ha scoperto che esistono migliaia di famiglie omosessuali con tanto di prole. Le famiglie arcobaleno chiedono di essere equiparate a quelle tradizionali. Come negare loro questo diritto? Menomale che c’è il disegno di legge della Cirinnà che cancellerà per sempre questa discriminazione. Finalmente, quindi, con la stepchild adoption (adozione del figliastro) le famiglie monosessuate godranno degli stessi diritti di quelle del Mulino Bianco. Bisognerebbe, però, chiedere ai genitori omosessuali se sono proprio sicuri di aver fatto un affare. Pare proprio di no.
Infatti, martedì scorso il Centro Studi “ImpresaLavoro”, ha rilevato che: “L’Italia investe appena l’1,03% del proprio Prodotto interno lordo nella spesa pubblica a favore di “famiglie e bambini”. Meno di Portogallo, Malta e Cipro; meno della metà di Ungheria, Austria e Bulgaria; meno di un terzo di Norvegia e Finlandia; un quinto rispetto alla Danimarca”. Questa ricerca ha analizzato quella parte di spesa pubblica destinata a protezione sociale a favore delle famiglie con figlia carico. Osservando il totale della spesa di ogni singolo Paese in percentuale al Pil, il “Paese del Tengo famiglia” si piazza in ventiquattresima posizione, peggio di noi solo Svizzera Spagna e Grecia. Le altre nazioni europee spendono qualche euro in più. Per esempio: “Germania (1,55%), Regno Unito (1,65%) e Francia (2,50%). Molto distanti, infine, i paesi scandinavi: Svezia (2,54%), Norvegia (3,32%), Finlandia (3,34%) e Danimarca (5,00%)”.
I risultati di queste scellerate scelte politiche sono state evidenziate anche da numerose statistiche. Su questo sito, il cinque febbraio scorso, Francesco Carlesi faceva notare che “il Sole 24 Ore si è accorto della grande crisi demografica che affligge il nostro Paese”. Il quotidiano di Confindustria sottolineava, infatti, che: “La curva demografica del 2015 ci lascia una bruttissima eredità. Le nascite, per la prima volta dopo il 1918 sono scese sotto la soglia psicologica delle 500mila unità”. Carlesi inoltre citando uno studio del professor Alfonso Giordano notava come se “la natalità della nostra nazione, se continuasse al ridicolo ritmo attuale il risultato sarà l’estinguersi vero e proprio degli italiani nell’arco di soli 120 anni”.
Se questi dati non bastano, ne possiamo aggiungere altri. Nel 2014 la speranza di vita o vita media degli italiani è aumentata di cinque mesi. Un aumento abnorme, perfino eccessivo, che arriva a seguito di una sequela ininterrotta di aumenti che hanno portato negli ultimi quaranta anni gli italiani a guadagnare dieci anni di vita e a raggiungere una vita media che sfiora gli ottantatre anni, praticamente dei record mondiali. Il tutto mentre i nati passavano dai quasi 900mila di allora ai neppure 500mila di oggi, quando peraltro gli abitanti sono quasi sette milioni di più. Due dinamiche a tal punto squilibrate da portare a un invecchiamento insopportabile della popolazione (l’Italia ha un indice di invecchiamento che è di oltre il 50 per cento più alto di quello dell’Unione europea, che è a sua volta l’area a più alto invecchiamento del mondo).
Vediamo ora però come il governo Renzi ha pensato di aiutare le famiglie con figli. Tre provvedimenti su tutti analizziamoli in dettaglio. Partiamo dal Bonus Bebè. Tutte le mamme che partoriranno nel 2016, godranno di questo contributo. Vediamo come funziona. Se hai un reddito ISEE sotto i 7.000 euro (annui) per ottenere l’importo massimo di 160 euro al mese fino al terzo anno di vita del bambino oppure ISEE compreso tra 7.000 e 25.000 per ottenere 80 euro. Ma, considerando il numero dei figli che fanno gli italiani e gli stranieri in Italia chi trarrà maggior beneficio da questa paghetta?
Passiamo, poi, al secondo provvedimento: l’istituto della maternità INPS. Per chi non lo sapesse, la durata della maternità è di cinque mesi a cavallo della nascita del pargolo ed eroga l’80% dello stipendio. Ma, grazie a Renzi avremo anche l’astensione facoltativa: dieci mesi di astensione dal lavoro entro l’ottavo anno di vita del bambino ma con stipendio ridotto al solo 30%. Tutto questo mentre gli asili nido pubblici fanno un orario ridicolo dalle otto alle sedici, rimanendo aperti solo otto mesi l’anno. Ma, i conti non tornano per chi deve conciliare lavoro e famiglia. A meno che non si ricorra alle baby sitter. Da oggi per merito del premier, le madri che non hanno mai richiesto l’astensione facoltativa possono avere il voucher baby sitter. Ma, ancora non si è capito quanto il governo è disposto a spendere.
Ma, in fondo il vero sogno dei progressisti sarà quello di colmare il deficit demografico con i migranti. I migranti si accontentano di bonus e voucher. Non hanno tante pretese come gli italiani. La grande sostituzione, dunque, inizia dalle culle.
Salvatore Recupero