Roma, 9 feb – Ci sono almeno due concetti che ricorrono spesso nella discussione sul ddl Cirinnà: “regolare l’esistente” e “vuoto normativo”. L’idea di fondo è che esistano fenomeni in atto sui quali la politica è “indietro”. Bisognerebbe quindi intervenire per sanare quelle situazioni che esistono nella realtà ma su cui non c’è ancora una specifica legge, cosa che causa numerosi inconvenienti. Bisognerebbe, insomma, “regolare l’esistente”.
Ma qual è l’esistente? Il fatto che i gay esistano, per esempio. Giusto. In ogni epoca e in ogni luogo, sono sempre esistiti degli omosessuali. E hanno sempre, più o meno carbonaramente, dato luogo a delle unioni. Dare un riconoscimento a tali unioni ha quindi un senso, dato che si tratta di una costante presente in ogni società umana. Sotto la categoria dell’esistente, tuttavia, di cui bisognerebbe unicamente prendere atto, vengono messi anche altri fenomeni. Per esempio i casi dei genitori omosessuali. Ora, si vede bene come in questo caso si sia in presenza di un fatto ben diverso. Come può, infatti, un gay avere dei figli? In due modi: o si tratta di un bambino avuto in una precedente unione, dopo la quale un genitore ha cambiato preferenze sessuali, oppure si tratta di un bambino ottenuto tramite pratiche in Italia illegali, come per esempio l’utero in affitto. Nel primo caso il bambino ha comunque una mamma e un papà, anche se poi uno dei due ha fatto scelte differenti, e quindi non si pone il problema (e si tratta anche di casi statisticamente non così rilevanti, crediamo). Nel secondo caso si tratta invece non di una realtà che esiste ed è sempre esistita, ma di una forzatura bella e buona ricercata a proprio rischio e pericolo.
E non ha senso evocare il presunto “vuoto normativo”. Non c’è vuoto, le leggi ci sono, si è solo deciso consapevolmente di aggirarle. Qualsiasi cosa si pensi della poligamia da un punto di vista morale, per esempio, essa è vietata dal nostro ordinamento. Non così in alcuni stati africani (ma anche in alcuni stati degli Usa). Avrebbe senso fare una famiglia poligama in questi Paesi e poi tornare in Italia per reclamare un “vuoto normativo”? O se io andassi a laurearmi in medicina in qualche Paese del terzo mondo le cui lauree non sono riconosciute in Italia, potrei poi lamentarmi del “vuoto normativo” e dei miei infiniti disagi personali se, tornato in Italia, fossi costretto a fare la fame, non potendo esercitare la professione di medico? Ovviamente no. Eppure è esattamente quello che viene fatto nella questione dell’omogenitorialità. Il Parlamento teoricamente sovrano viene scassinato antidemocraticamente, creando dei fatti compiuti e appellandosi a giudici che esercitino una incostituzionale supplenza della politica. Tutto questo, si badi, solo in nome dei diritti.
Giorgio Nigra
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Per Giorgio Nigra
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