Roma, 6 feb – Una crescita asfittica, che c’è nei numeri ma non si vede nella realtà. Anche perché per poter dispiegare i propri effetti dovrebbe almeno superare la soglia del punto percentuale ma, per adesso, siamo ancora nel terreno dello zerovirgola. Ecco perché le parole sono importanti ed in effetti, più che di crescita, si sente sempre più spesso parlare di una generica “ripresa”. Di questa strana situazione sembra essersi reso conto anche l’Istat, che nella sua nota mensile tratteggia tendenze positive e negative dell’economia italiana, quanto basta per porre ancora sotto ipoteca non l’uscita dalla crisi (per questo c’è ancora da attendere, se mai avverrà), ma il cammino che dovrebbe portare di nuovo alla crescita.
“L’indicatore anticipatore dell’economia rimane positivo a novembre, sebbene con una intensità più contenuta rispetto ai mesi precedenti, suggerendo il proseguimento della fase di moderata crescita dell’economia italiana”, spiegando i tecnici dell’istituto, rimarcando una sottile ma importante differenza, cioé che “le prospettive economiche di famiglie e imprese appaiono evolvere in maniera differenziata”. Meglio per le famiglie, peggio per le imprese: “L’incertezza sull’intensità della ripresa dell’attività manifatturiera – scrivono sempre dall’Istat – è attesa estendersi ai prossimi mesi” e “nonostante l’incremento registrato a novembre, gli ordinativi hanno segnato una riduzione congiunturale nel trimestre settembre-novembre (-1.8%) a causa delle forti riduzioni delle commesse estere (-3.3%)”. Diverso, come detto, il quadro per quanto riguarda le famiglie: “Le informazioni disponibili per il quarto trimestre suggeriscono il proseguimento dell’attuale fase di miglioramento dei consumi delle famiglie: a novembre il volume delle vendite al dettaglio ha registrato un rialzo (+0.3%) trainato dalla crescita degli alimentari (+0.8%). Ulteriori indicazioni positive giungono dal mode-rato aumento del clima di fiducia dei consumatori di gennaio (in controtendenza rispetto alla diminuzione registrata nell’area euro)”.
Miglior insomma il mercato domestico, peggiora quello estero. Una buona notizia, non fosse che l’inversione di tendenza era scontata dato che la domanda interna aveva (e ha) raggiunto un tale basso livello da rendere senza dubbio più agevole il “rimbalzo”. La sfida è mantenere questo abbrivio, che è però trainato dalla produzione industriale la quale ancora soffre dopo aver perso, dall’inizio della crisi, quasi un terzo. E senza manifattura, parlare non solo di crescita, ma anche di ripresa, diventa assai arduo.
Filippo Burla