Roma, 16 dic – Generalmente quando sentiamo parlare di “deep web” l’immagine che abbiamo è quella di una zona oscura e remota della Rete, dove prosperano ogni sorta di traffici illeciti e/o immorali, a cominciare dalla pedopornografia, ed è in parte vero. Ma questo angolo buio di Internet ha visto anche la nascita del Bitcoin, ovvero di una moneta virtuale, non tracciabile e non inflazionabile, che sta suscitando sempre più interesse, anche al di fuori della cerchia degli hacker e “smanettoni” inveterati. E questo anche per il valore del sistema: un anno fa si calcolava che gli scambi effettuati tramite Bitcoin ammontassero a 140 milioni di dollari, un mese fa siamo arrivati a toccare i 6 miliardi di dollari.
Bitcoin è una moneta elettronica inventata nel 2009 da Satoshi Nakamoto (ovviamente uno pseudonimo, a tutt’oggi il creatore del sistema è ignoto), oltre ad essere il nome del software open source creato per rendere attivo il sistema. La grande differenza rispetto a tutte le monete “tradizionali” è che il Bitcoin non si appoggia a nessun ente centrale, ma utilizza come database i nodi della rete che tracciano le transazioni e attraverso la crittografia di questi ultimi fanno sì che i Bitcoin possano essere spesi una sola volta.
Dunque un sistema monetario virtuale, o di “cryptocurrency”, del tutto anonimo, attivabile tra gli utenti della Rete che abbiano un “indirizzo” di Bitcoin. Una sorta di numero di conto corrente che funziona come una email insomma, che ad un identificativo composto di cifre e lettere associa una password e che insieme costituiscono la coppia di chiavi crittografiche di accesso al sistema per il “correntista”.
I trasferimenti vengono effettuati senza un ente esterno che debba fare da supervisore tra le parti. Tale modalità di interscambio rende impossibile annullare la transazione e quindi riappropriarsi delle “monete”. Il client Bitcoin trasmette la transazione ai suoi nodi più vicini che a loro volta propagano il pagamento attraverso la rete. Le transazioni sono fondamentalmente gratuite, anche se iniziano ad intravedersi casi in cui è richiesta una commissione.
Il sistema è ovviamente fluido, basandosi sul numero degli utenti che, diminuendo, può far perdere valore a questa moneta virtuale. O potrebbe darsi il caso di un attacco frontale di qualche governo, interessato a smantellare una modalità di scambio incontrollabile, slegata dalle logiche monetarie delle banche centrali. Ipotesi ancor più plausibile se si pensa che al cambio oggi un Bitcoin vale 540 dollari americani.
Ma come viene generata la “valuta”? La rete Bitcoin crea e distribuisce in maniera completamente casuale un certo ammontare di monete all’incirca sei volte l’ora, nei confronti di chi tiene abilitata l’opzione “genera Bitcoin” nel proprio client. L’attività di generazione di Bitcoin è definita “mining”. La probabilità che un certo utente riceva la ricompensa in monete dipende dalla potenza computazionale che aggiunge alla rete. Il numero di Bitcoin creati per blocco era inizialmente di 50; tale quantità è stata programmata per diminuire nel tempo, con un dimezzamento del premio ogni 4 anni circa, fino ad arrivare a zero, in modo tale che non verranno mai creati più di 21 milioni di Bitcoin in totale. Man mano che la ricompensa per i propri calcoli diminuisce nel tempo, gli utenti saranno motivati a contribuire con le loro capacità di calcolo con nodi che generano blocchi guadagnando sui costi delle transazioni.
Insomma, si incentivano gli utenti a tenere sempre aperto il programma originale di Bitcoin sul proprio PC, in modo che questo possa contribuire a risolvere gli algoritmi della rete, ed ottenere una “ricompensa”: oggi tuttavia con la crescita esponenziale dei partecipanti al sistema, i margini di profitto si sono ristretti, e solo chi ha a disposizione processori davvero potenti e la possibilità di tenerli sempre e unicamente impegnati nella rete di distribuzione del programma può sperare in ricavi consistenti.
Al di là delle inevitabili storture che un sistema del tutto anonimo e virtuale può generare (compravendita di armi, stupefacenti, e chi più ne ha più ne metta) e dell’incerto futuro della rete Bitcoin,resta il dato che una alternativa alla moneta tradizionale sembra farsi strada, e non si può fare a meno di notare come proprio uno degli strumenti di cui si avvale la globalizzazione, e cioè Internet, sia stato l’incubatore di un sistema di pagamento assolutamente autogestito dagli utenti, immune all’inflazione e svincolato dalle banche.
Valentino Tocci