Roma, 17 gen – Ricordate la scena del Secondo tragico Fantozzi in cui la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare invita gli impiegati della megaditta al lussuoso ricevimento nella sua villa? Ciò che veniva sbeffeggiato era il classico atteggiamento fintamente progressista di chi espone alla vista dei suoi pari, come dei trofei, dei commensali di rango inferiore, senza che la cosa diminuisca minimamente la distanza sociale, che anzi viene sottolineata maggiormente.
Una cosa del genere è accaduta qualche giorno fa, quando a Pitti Uomo qualcuno ha avuto la bella idea di far sfilare dei richiedenti asilo. Sembra di vederle, le signore inanellate che applaudono con la lacrimuccia, strappate per cinque minuti a una vita di vacuità alto-borghesi, in cui del resto rituffarsi un secondo dopo la sfilata. Difficile immaginare una cosa più offensiva per gli stessi richiedenti asilo. I tre immigrati hanno calcato la passerella di Generation Africa, rassegna presentata da Fondazione Pitti Discovery e ITC (Ethical Fashion Initiative) a conclusione della recente fiera dedicata all’abbigliamento maschile a Firenze. I tre ragazzi provengono dall’associazione bolognese Lai Momo, “società che si occupa di offrire accoglienza ai richiedenti asilo in Italia e promuovere il confronto interculturale tra Africa e Europa, con l’obiettivo di ridurre stereotipi e pregiudizi”, racconta Andrea Marchesini Reggiani, uno tra i suoi fondatori.
Proprio un bel modo per “ridurre gli stereotipi”. È incredibile come, proprio al centro del meccanismo produttore della bontà universale, si trovi anche il massimo della cattiveria. Tutta la retorica xenofoba del mondo, in effetti, non ha reso gli immigrati simili a degli animali come hanno fatto gli organizzatori di questa bella trovata, che ha trasformato i richiedenti asilo in barboncini da ammirare mentre sfilano, da vezzeggiare e coccolare, evitando tuttavia accuratamente di prenderli in considerazione come persone (cosa che imporrebbe peraltro di valutare anche rischi e costi reali dell’immigrazione). Ecco, se servisse una spiegazione, l’accoglienza è questa cosa qua: non l’apertura all’altro, ma il narcisistico rispecchiare se stessi e la propria bontà nell’immigrato ridotto a mera superficie riflettente di un’alta borghesia viziata, debosciata, corrotta.
Adriano Scianca
1 commento
Articolo da condividere, parola per parola. Non c’ è altro da aggiungere, credo.