Roma, 3 gen – Domani tutti torneremo al lavoro. Pure i bancari che si lasciano alle spalle un anno da dimenticare. Molti pensano, infatti, pensano che il 2015 sia stato per le banche un annus horribilis. Tutti, forse, tranne l’Abi (Associazione Bancaria Italiana). Basta leggere la news pubblicata sulla home page del loro sito: “Segnali positivi emergono per le nuove erogazioni di prestiti bancari: le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di immobili da parte delle famiglie hanno registrato un incremento annuo del +97,4% rispetto al medesimo arco temporale dello scorso anno”.
Un dato del genere vale più di mille slides antigufi di Renzi. Ma, questi numeri da dove saltano fuori? Sono le cifre contenute nel Rapporto Mensile dell’Abi. Uno studio condotto sulla base di un campione rappresentativo di banche (che rappresentano oltre l’80% del mercato) nei primi 11 mesi del 2015. Quindi, è bene ricordare che parliamo di stime e non di moneta sonante. Facciamo, ancora un’altra piccola scrematura. Sempre citando lo stesso rapporto: “L’incidenza delle surroghe sul totale dei nuovi finanziamenti è pari, nei primi 11 mesi del 2015, a circa il 32%”.
In pratica, su tre mutui uno è una modifica del contratto precedente (una surroga). Ma, nonostante questo per la prima volta s’inverte un trend negativo. Finalmente le banche hanno deciso di aprire i cordoni della borsa. Sarà davvero così? Vediamo meglio studio che non può essere liquidato in che battute. Il Rapporto Mensile Abi contiene dati molto significativi, soprattutto nei fogli di calcolo allegati.
Interessantissima è la Tabella 1 (Impieghi delle banche in Italia escluso interbancario) riportata qui a fianco.
Se i dati sono esatti, è evidente che i finanziamenti erogati al settore privato nel novembre 2015 sono quasi pari a quelli del novembre 2014 e leggermente inferiori a quelli del novembre 2013.
Insomma, le banche hanno concesso più mutui (surroghe comprese) ma la liquidità data in prestito è rimasta sostanzialmente invariata. A dare la notizia era già stato il sito Nextquotidiano. Ma è bene riprendere questa analisi per fare qualche altra considerazione sulla crescita del mercato immobiliare e sulla trasparenza dei dati forniti dall’Abi.
Partiamo dalla ripresa del mattone. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili l’indice dei prezzi delle abitazioni – acquistate dalle famiglie sia per fini abitativi sia per investimento – diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e del 3% sullo stesso periodo del 2014. Facendo una media ponderata nel primo semestre del 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 3,3%, ovvero la sintesi di un calo del 2% per quelle nuove e del 3,8% per quelle esistenti. È ovvio che chi disponeva di un gruzzolo per acquistare un immobile abbia approfittato del momento. L’altra faccia della medaglia è ancora più triste. Non è una maggiore liquidità che ha spinto il mercato immobiliare ma il depauperamento del valore delle case degli italiani.
Torniamo, infine, ai dati forniti dalle banche. L’Abi altro non è che un’associazione di categoria. Difende insomma gli interessi dei banchieri. Nulla di male. Ma, chiedere a loro un parere sul comportamento degli istituti di credito è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Questi signori stanno facendo un’operazione di marketing per far dimenticare tutte le magagne degli anni scorsi.
Per esempio Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, deve far dimenticare che la Cassa di Ravenna, da lui presieduta, si è rifinanziata vendendo bond subordinati (come documentato dalla Banca d’Italia).
Oppure, è meglio non far ricordare agli italiani che nelle casseforti dei nostri istituti di credito ci sono 348 miliardi di crediti deteriorati e sofferenze. Insomma, le banche sono indebitate fino al collo.
Questo, almeno, è quanto emergeva dallo studio di Banca Italia prendendo come riferimento il primo semestre del 2015. Per essere più precisi. Agli oltre 204 miliardi di sofferenze, vanno aggiunti i quasi diciassette miliardi di crediti scaduti e ad altri 127 miliardi di ulteriori incagli. Il totale dei finanziamenti che faticano a essere restituiti dai clienti corrisponde a circa il 23% dello stock di credito erogato fino a giugno 2015 dalle banche italiane, pari a 1.532 miliardi.
Iniziamo il 2016 con un buon proposito: evitiamo di considerare qualche collega di papà Boschi come un oracolo.
Salvatore Recupero