Roma, 12 dic – Ha ottenuto grande eco sulla stampa occidentale la notizia che, alle elezioni comunali che si stanno tenendo in Arabia Saudita, per la prima volta potranno partecipare anche delle donne, sia come elettrici sia come candidate. Si tratta di un’apertura voluta dal re saudita Abdullah bin Abdelaziz, morto lo scorso gennaio. Ovviamente nessuna di loro ha potuto tenere pubblici comizi. E anche la possibilità di apparire in televisione per le donne è sottoposta a molte restrizioni.
Mentre l’Occidente festeggia questa “conquista” del fedele alleato saudita, nello stato canaglia per eccellenza, quello guidato dal “dittatore pazzo” Bashar al Assad, il voto alle donne è stato concesso nel 1949, mentre il loro diritto di accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive è stato reso possibile un anno dopo. Il parlamento siriano conta oggi 280 deputati, fra cui 30 donne. Anche la vicepresidente della Repubblica siriana è una donna: si tratta di Najah al-Attar. Nella Costituzione del 1973, l’articolo 45 recitava: “Lo Stato garantisce alle donne tutte le opportunità, consentendo loro di partecipare effettivamente e pienamente alla vita politica, sociale, culturale ed economica. Lo stato rimuove le restrizioni che impediscono lo sviluppo delle donne e la partecipazione delle donne alla costruzione della società araba socialista”.
All’inizio del 2012 è stata approvata una nuova Costituzione, in cui al punto 8 si dichiara che nello Stato siriano non sono ammessi gruppi che, fra le altre cose, sono “fondati sulla discriminazione in base al sesso, all’origine, alla razza o al colore”. La presenza femminile è alta in tutti i campi della società civile siriana, non escluso l’esercito, in cui nel 2013 è stato istituito anche un reparto speciale con 500 reclute femminili, chiamato le Leonesse della Difesa nazionale. Dal punto di vista dell’istruzione, la situazione è migliorata moltissimo negli ultimi decenni. Nel 1970 le donne siriane analfabete erano l’80%, contro il 40% degli uomini. Nel 2002 erano il 25,8% contro il 9% degli uomini.
Le donne siriane laureate oggi sono tra il 40 e il 50% del totale. Inoltre circa il 12% dei giudici siriani sono donne, percentuale che a Damasco sale fino al 24%. Ma fra qualche anno, di tutto questo non resterà che un ricordo: giusto il tempo di “riportare la democrazia” e regalare il paese alla “opposizione moderata”. A quel punto, le donne siriane non potranno votare, guidare, fumare o uscire di casa da sole. E finalmente la Siria potrà di nuovo essere degna di essere nostra alleata.
Giuliano Lebelli