Roma, 6 dic – La Corte costituzionale, al termine di una lunga camera di consiglio, ha dichiarato incostituzionale il cosiddetto “Porcellum”, la legge elettorale tutt’ora vigente. In verità si attende ancora la sentenza definitiva che è stata anticipata da un comunicato dal quale si evince che i 15 giudici della corte hanno espresso un parere negativo nei confronti del premio di maggioranza e delle liste bloccate e non della legge in toto. E fin qui sembra una supercazzola a metà. L’altra metà dell’artifizio giuridico consiste nell’atteggiamento “cerchiobottista” dei giudici che tengono a precisare –sempre nel comunicato- che un eventuale giudizio di incostituzionalità (il quale sembra scontato ancor prima della sentenza) non pregiudicherebbe la legittimità del Parlamento che “può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali”. Cioè i parlamentari eletti con una legge incostituzionale potrebbero, rispettando i principi costituzionali, promuovere una riforma della legge elettorale.
Al di là dei giochi di parole sarebbe interessante ragionare sulle motivazioni di incostituzionalità che sono alle base delle diatribe parlamentari sul merito del meccanismo di traduzione di voti in seggi.
Per quanto riguarda il premio di maggioranza sarebbe bene ricordare che questo correttivo è previsto anche dai sistemi elettorali regionali attuali e da quelli pre-riforma 2001, e non si ravvisano polveroni mediatici per contrastare il “pericolosissimo” premio.
Per quanto riguarda le lista bloccate sarebbe opportuno rammentare che anch’esse, seppur accompagnate dalla preferenza per i candidati, sono presenti nei sistemi elettorali regionali sottoforma di “listino del presidente” ed erano già presenti in forma parziale nella Legge Mattarella. Anche in questo caso non si aizzarono coloro i quali oggi sostengono che le liste bloccate siano a-democratiche e non rispettino la sovranità dell’elettore.
Se ci si lamenta dell’attuale empasse parlamentare e si chiede più governabilità le critiche di cui sopra sono alquanto incoerenti. Se si chiede più governabilità è necessario il premio di maggioranza, se ci si lamenta della corruzione e del clientelismo probabilmente le liste bloccate sarebbero più “oneste” delle preferenze. In realtà tutto ciò potrebbe essere risolto abolendo il senato, e in questo modo si metterebbe la parola fine all’immobilismo del bicameralismo perfetto (e al contempo si abbasserebbe il numero dei parlamentari evitando la demagogia), e modificando la forma di governo indirizzandola verso un elezione diretta del presidente della Repubblica (al contempo capo dell’esecutivo) con un sistema a doppio turno. In questo modo non ci sarebbe bisogno di premi di maggioranza “a-democratici” e si salverebbe comunque la legittimazione popolare. Va da sé che per fare tutto ciò si dovrebbe mettere mano alla bibbia dei fan del political-correct e del conservatorismo: la Costituzione. Lo potrebbero fare uomini politici dotati di una visione dello Stato e di senso del moderno. Utopia.
PS: se i parlamentari eletti con una legge incostituzionale sono incostituzionali, i cinque giudici della Corte Costituzionale eletti dal Parlamento sono incostituzionali anche loro?
Aurelio Pagani