Roma, 7 dic – Che il gioco d’azzardo fosse contagioso era noto, ma che perfino un’ampia maggioranza parlamentare ne rimanesse vittima è una brutta novità. Come spiegare altrimenti l’emendamento alla legge di stabilità, presentato alla Camera in tre versioni quasi identiche e sottoscritto trasversalmente da Forza Italia (opposizione, si fa per dire), Ndc-Ucd e Pd (maggioranza), che prevede un fondo complessivo tra 100 e 600 milioni di euro come premio a favore dei Comuni che consentono l’installazione di più slot machines?
Una ventina di giorni fa, per altro, gli stessi partiti ci avevano provato al Senato, con un emendamento presentato dal piddino Giorgio Santini, che sostanzialmente prevedeva di uniformare i regolamenti regionali e comunali, solitamente più stringenti, alle assai più blande norme statali. Dopo il bastone, fallito in seguito alle proteste, quindi, la carota rappresentata dal premio, ma sempre di mira rimangono gli enti locali.
Chi pensasse che la questione slot machines e gioco d’azzardo legalizzato (dal 2004, epoca del secondo governo Berlusconi) sia di poco conto, dovrebbe ricredersi: secondo i dati del Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane – Monopoli di Stato, rielaborati in una ricerca a livello nazionale del Gruppo L’Espresso, nel 2014, la spesa degli Italiani per i giochi con premi in denaro è stata di quasi 85 miliardi di euro, di cui 47 miliardi (55,6%) solo per le oltre 428mila slot machines (metà del totale installato negli Stati Uniti), con un ritorno per le casse erariali – riferito alle famigerate macchinette mangia-soldi – intorno ai 4,2 miliardi di euro, e fatturati molto superiori sia per le 13 società concessionarie sia per gli esercenti.
Il resto è disperazione. Solo in Toscana, per fare un esempio, viene bruciato uno stipendio al minuto: 1.250 euro che ogni 60 secondi vanno perduti davanti alle macchinette, corrispondenti a famiglie rovinate, mogli che denunciano i mariti e viceversa, figli anche minorenni che segnalano ai servizi sociali la distruttiva dipendenza del padre, violenze tra le quattro mura.
Mentre oltre 12mila Italiani sono in cura per il gioco d’azzardo, la cifra dei giocatori “a rischio” oscilla tra 300mila e 1,2 milioni secondo le stime: una vera emergenza sociale, acuita dal fatto che sono stati quasi un milione gli studenti tra 15 e 19 anni di età ad aver giocato almeno una volta l’anno scorso, di cui oltre 170mila a rischio o problematici.
Impressionante è stata la crescita della spesa complessiva per il piccolo gioco d’azzardo legale: dai 25 miliardi del 2004 al picco dei quasi 90 del 2012, per poi regredire leggermente fino al 2014. Evidentemente, la diminuzione del reddito disponibile è infine riuscita a stabilizzare una dissennata propensione al rischio che il crollo delle opportunità lavorative e professionali aveva stimolato senza tregua negli anni precedenti – un fenomeno forzato dalla contingenza e non certo ascrivibile a meriti delle istituzioni.
Ebbene, l’emendamento firmato dai deputati Alessandro Pagano (Ndc-Udc), Federico Massa (Pd) e Alberto Giorgetti (Forza Italia) intende evidentemente invertire il modestissimo miglioramento degli ultimi due anni per tornare ai fasti del 2012.
L’anima della disgustante trovata potrebbe essere proprio quel Giorgetti che, già sottosegretario all’Economia con delega proprio ai “Giochi” nel governo Berlusconi e in quello Letta, nel 2014 aveva annunciato il suo addio alla politica per “tornare a lavorare”… a Lottomatica. Ma, di fronte alle polemiche per presunti conflitti d’interesse, decise infine di ritirare le dimissioni dalla Camera, e oggi se ne vedono i risultati.
Le destinazioni dei “premi” ai Comuni meno virtuosi spiccano poi per ipocrisia, oltrepassando decisamente la soglia del ridicolo: i Comuni dovrebbero infatti destinare le “entrate principalmente al sostegno delle politiche di prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti dalla sindrome del gioco d’azzardo patologico”, il che si commenta da solo, e per di più si legge ancora negli emendamenti che “in assenza di gravi e comprovate situazioni di rischio per la salute dei cittadini nel territorio, i Comuni possono destinare tali entrate a istruzione, cultura, sport, assistenza sociale di qualsiasi tipo, e relative strutture, nonché al decoro urbano e manutenzione delle strade”. Scommettiamo che una parte dei premi sarà discrezionalmente destinata all’accoglienza e al sostegno degli immigrati irregolari?
Tra tutti gli esercenti, infine, spicca la sigla dell’Arci, la nota organizzazione di sinistra che gestisce circoli e bar praticamente in ogni Comune d’Italia, e spesso molto più di uno per Comune, che nonostante un impegno dichiarato apertamente un paio di anni fa ad abbandonare il settore, continua a fare tanti bei soldi proprio con le slot. Al proposito, ha fatto rumore, in Toscana, un’intervista a Franco Maiani, presidente del circolo Arci “Favini” di Chiesanuova, a Prato, il quale ha avuto la bella faccia tosta di sostenere che le macchinette rovina-famiglie non le toglierà mai in quanto forniscono il 30% del giro d’affari del circolo: “Abbiamo sette videogiochi che in un anno ci danno un introito di 60mila euro su un totale di 180mila euro”, ha dichiarato candidamente Maiani. “Senza non potremmo riuscire a garantire quella funzione di presidio che abbiamo oggi. Con quei soldi facciamo il ballo liscio il sabato sera, la ginnastica dolce per gli anziani e le varie iniziative ricreative”. E certamente anche delle belle conferenze sul valore della resistenza e dell’accoglienza. Raramente un ragionamento potrebbe essere più assurdo di questo.
Francesco Meneguzzo