Roma, 23 nov – Suonata prima delle partite del campionato di calcio, sentita e risentita prima dei telegiornali, cantata nelle piazze (poco) solidali.
In questi giorni l’inno nazionale francese, La Marsigliese, si è sentito più di un tormentone musicale estivo.
Un po’ per esprimere vicinanza al popolo transalpino, e sarebbe anche giusto se tutta questa improvvisa ondata di “francesità” non nascondesse anche intenti commerciali, un po’ perché, ammettiamolo, l’italiano medio si sente di volta in volta francese, inglese, americano, spagnolo fuorché, appunto, italiano.
Così La Marsigliese è stata suonata e cantata da tutti, ma quanti di coloro che si sono commossi sulle note dell’inno francese e hanno provato a canticchiare “Allons enfants de la Patrie le jour de Gloire est arrivé” ne conoscono il vero significato?
La Marsigliese, il cui nome originale era “Chant de Guerre pour l’armée du Rhine” (canto di Guerra per l’armata del Reno), nacque sul finire del 1700 e divenne la chiamata alle armi della Rivoluzione francese. Il testo infatti ne riflette la genesi e basterebbe farne la traduzione per capire che è quanto di più lontano dal buonismo e politicamente corretto che animano molte bocche italiche che in questi giorni sono diventate francesi.
Già dalla prima frase, “Avanti, figli della Patria, il giorno di Gloria è arrivato”, in poche parole vengono espressi due concetti fondamentali: il legame paterno e sanguigno che lega una persona alla sua Patria (dal latino patrius, paterno, appunto) in barba allo Ius soli proposto e sostenuto dalle stesse bocche che in questi giorni la stanno cantando, ed il concetto di gloria inteso come riscatto identitario di un popolo; concetto questo che ritorna più volte nel testo dell’inno.
La Marsigliese prosegue con “Contro noi della Tirannia, la bandiera insaguinata si è innalzata” e “Sentite nelle campagne muggire questi feroci soldati, vengono fin nelle nostre braccia a sgozzare i nostri figli e le nostre compagne”. Non propriamente un panorama idilliaco, del resto, considerando il contesto storico di nascita dell’inno, la Rivoluzione è una rottura violenta, sanguinosa. Un moto di ribellione contro chi “viene a sgozzare i nostri figli” non è e non sarà mai caratterizzato da sentimenti pacifisti come il suonare “Imagine” di John Lennon per strada o trasformare la Tour Eiffel nel simbolo della pace.
“Alle armi cittadini! Formate i vostri battaglioni! Marciamo… Marciamo… che un sangue impuro abbeveri i nostri solchi!”
Questi celeberrimi versi (“Aux armes citoyens! Formez vos bataillons!”…) rappresentano più di ogni altro il vero spirito dell’inno nazionale francese. Una vera e propria chiamata alle armi (“Formate i vostri battaglioni!”) per tutti i cittadini di Francia, chiamati alla riscossa e a uccidere il nemico così che il suo sangue possa riempire le strade e le campagne (“un sangue impuro abbeveri i nostri solchi”). Decisamente diverso dal tipo di reazione che sembra avere la maggior parte delle persone in occidente dopo gli attacchi di Parigi: sebbene in Francia vi sia una parte che è davvero corsa alle armi, la vulgata europea buonista e politicamente corretta continua imperterrita a esprimere, oltre al giusto cordoglio, sentimenti di pace e fratellanza che come abbiamo visto non appartengono alle parole dell’inno francese.
Perché una cosa va capita: non occorre andare in Siria di persona a combattere il terrorismo, sebbene sia una scelta molto più nobile rispetto all’indignazione da social network, basterebbe recuperare i sentimenti patrii, quei sentimenti che ci legano alla “terra degli Avi” e che ci impongono di difenderla insieme all’identità di popolo che, infatti, si fonda su di essa.
Paolo Mauri
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