Parigi, 19 nov – Sull’attentato di Parigi la risposta dell’opinione pubblica europea e dei suoi governi è stata psichica ed emotiva. Conviene allora analizzare tutti i fattori della vicenda con lucidità. Per questo abbiamo intervistato Frédéric Pichon, professore associato dell’Equipe Monde Arabe Méditerranée dell’Università François Rabelais di Tours. Autore di numerose pubblicazioni sui cristiani in Oriente e sulla questione siriana, è consulente per le tv francesi sulla situazione medio-orientale.
Professore, qualcuno ha definito l’attacco terroristico di Parigi una dichiarazione di guerra. Siamo realmente preparati a questa guerra?
L’Europa ha creduto alla mediocre profezia della fine della storia. Ha creduto di potersi fondere nel grande mercato unico per evitare tragedie. L’aspetto positivo di questi attacchi è che immediatamente la società francese è stata ricondotta alla propria identità. Dunque è sintomatico che, dopo la vacuità di “Je suis Charlie”, siamo passati alla bandiera nazionale.
Esiste un legame tra terrorismo e immigrazione?
Sicuramente. Sia perché la porosità delle frontiere e dell’area Schengen hanno permesso che questi terroristi si infiltrassero fra i nativi europei, tedeschi soprattutto, essendo trattati come i benvenuti, sia perché i terroristi sono i discendenti degli immigrati arrivati in Francia e in Belgio negli anni 70 del ‘900 e non si sono mai sentiti francesi.
Perché la reazione dei media europei è stata diversa di fronte all’attacco francese e di fronte, per esempio, a quello subito dalla Russia in Egitto?
Narcisismo. Noi Europei siamo i migliori, i più virtuosi, i più generosi, le nostre guerre sono giuste e noi siamo gli unici a poterle fare. Poi, quando gli altri portano la guerra da noi, noi pensiamo di non meritarcela.
Nel conflitto siriano l’Europa ha sempre strizzato l’occhio ai ribelli che, invece, in Siria, sono considerati alla stregua di terroristi. Ci sono responsabilità politiche europee sugli eventi di Parigi?
Abbiamo lasciato che si installasse il caos in Siria, incoraggiando i nostri alleati arabi a rivolgere il loro terrorismo contro Bashar al Assad. Da questa zona grigia a qualche ora di volo dal cuore dell’Europa è giunta e continuerà ad affluire questa violenza che ci indebolisce. Le responsabilità francesi sono notevoli. Vi rammento quanto Laurent Fabius, ministro degli Affari Esteri, ha dichiarato a luglio 2012: “Bisogna abbattere Bashar al Assad”, messaggio ricevuto da almeno 1500 giovani francesi.
Una settimana fa il nostro Primo Ministro Renzi era in Arabia Saudita. Come è possibile avere relazioni forti con questi Paesi e poi piangere per gli attacchi terroristici?
I Paesi del Golfo giocano col fuoco da più di 30 anni da un lato obbedendo ai diktat dei Paesi occidentali (soprattutto quelli degli Stati Uniti in Afghanistan), dall’altro servendosene per sbarazzarsi dei problemi interni. La loro responsabilità è enorme nel finanziamento e nell’incoraggiamento del fondamentalismo wahabita dall’Africa all’Asia attraverso moschee, scuole, ma anche attraverso i movimenti terroristici come Daesh e al Nusra. È ora che l’Europa interrompa i rapporti con loro e che chieda il conto dei loro misfatti.
Michael Mocci