Roma, 4 nov. – “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza“. Alle ore 13 del 4 novembre 1918, il Maresciallo Armando Diaz annunciava nel suo proclama la vittoria italiana contro l’ormai distrutto esercito Austro-Ungarico, subito dopo aver firmato l’armistizio di Villa Giusti che decretava la resa incondizionata dell’invasore e la riconquista di quei sacri confini bagnati con il sangue dei migliori figli d’Italia.
Come un fulmine la notizia attraversò lo stivale in un tripudio di tricolori sventolati dai balconi di ogni città, mentre le folle festanti si rovesciavano nelle strade a gridare che l’Italia aveva vinto, che lo straniero non era passato.
Un sentimento nuovo colmava le menti e i cuori e finalmente uomini e donne potevano toccare con mano quell’unità tanto sognata e così duramente conquistata.
Grazie al sacrificio di un popolo era stato piantato nel petto degli italiani il seme della Vittoria.
Vittoria era la dea romana che accompagnava l’esercito in battaglia e ne decretava il trionfo. Trae origine dalla dea greca Nike che sanciva la vittoria degli eserciti ma senza procurarla, non avendone diritto. Ha le ali e tiene tra le mani una corona d’alloro, simbolo sacro di gloria e saggezza. Il suo tempio era sul Palatino e il suo culto era alla base del Pantheon euro mediterraneo.
La Vittoria ha sempre abitato in Italia e nei momenti più duri della sua storia l’ha spinta sulle proprie ali permettendone la grandezza. La dea ha arriso all’Italia anche quel 4 novembre di 97 anni fa, quando venne scacciato l’oppressore e la nazione riconquistò le redini del proprio destino e della propria indipendenza.
Proprio la Vittoria a Bolzano ha un bellissimo monumento, puntato in faccia al nemico, eretto su quelle terre strappate alla sua occupazione e da allora orgogliosamente italiane
Va difesa, questa Vittoria, perché conquistarla non è sufficiente. I nemici della nazione continueranno sempre a sentirsi in diritto di minacciarla e noi continueremo sempre a trovarci in dovere di difenderla. La difendemmo dai trattati ingiusti di Versailles quando la Vittoria, la nostra Vittoria, venne mutilata, e insorgemmo contro il tentativo straniero di strapparci quelle terre che ancora gridano vendetta. Quando venticinque anni più tardi ci sfuggì di mano, assistemmo allo smembramento della nostra nazione pezzo per pezzo sotto i colpi di quei nemici di sempre, di dentro e di fuori, fino al collasso totale del nostro presente.
Sulla facciata di un altro meraviglioso monumento, oggi nelle mani di una multinazionale della moda, c’è scritto che gli italiani sono “un popolo di eroi”. Ciò per dire che nonostante l’imbastardimento progressivo del nostro paese, nelle nostre vene scorre ancora quel sangue versato di chi ci precedette e difese i nostri confini sul Piave, sul Carso e sul Grappa, per dare a noi la possibilità di difendere quella Vittoria conquistata con tanto sacrificio.
Quei soldati oggi stancamente ricordati dalle istituzioni, quasi fosse un peso, nelle semplici occasioni di rito. Quei patrioti troppo spesso vilipesi dall’odio anti-italiano che avvelena il nostro suolo. Quei fulgidi esempi di onore e sacrificio ci invitano a ritrovare lo spirito del 4 novembre.
Sono loro oggi, da quelle trincee, che ci chiedono di avere coraggio, ed è nostro compito far si che la loro morte non sia stata inutile.
Michele Bauml
7 comments
articolo splendido.
primato nazionale la meglio gioventu’ giornalistica.
Bell’articolo, ma la divinità che accompagnava gli eserciti romani sul campo era Giove Ottimo Massimo: si vedano gli auspici obbligatori prima di attaccar battaglia, garanzia della vittoria.
un’inutile strage che servì alla massoneria mondiale per distruggere gli imperi centrali e spianare la strada all’attuale ‘nuovo disordine mondiale’. L’Italia ottenne i territori di Trento e Trieste, che l’Austria avrebbe concesso nel quadro della Triplice Alleanza, senza bisogno di entrare in guerra contro di essa.
non diciamo eresie : l’impero Austroungarico voleva distruggerci e prima o poi l’avrebbe fatto. E sopratutto non è vero che ci avrebbe consegnato “quello che volevamo senza sparare” . La redenzione di un popolo merita rispetto , non fantastoria.
Le strampalate teorie cospirazioniste sono segno inequivocabile di arretratezza culturale.
ricordiamoci che sul montello c’e’ una chiesa che si chiama s. maria della vittoria e non lontano c’e’ il monumento alla vittoria, che guarda il piave
Ottima evocazione.
Giove Ottimo Massimo era il divino garante della vittoria (si veda l’insegna sacra dell’aquila imperiale), ma sui “vexilla” legionari non di rado veniva raffigurata la Vittoria alata (si veda il “vexillum” romano del Museo Puskin di Mosca). Ora però, dopo le doverose commemorazioni, bisognerebbe celebrare sul serio i riti in onore degli Eroi e, cosa ancora più ardua, sarebbe doveroso “agire” di conseguenza per arginare il mare di morchia putrescente che ci sta sommergendo. Nemici esterni (multinazionali, banche centrali, immigrazione selvaggia) e interni (mafie, camorre, palazzinari e politicanti traditori). Usque ad mortem et ultra.