Roma, 17 ott – D’accordo, l’Africa l’avremo pure colonizzata, depredata, sfruttata. Ma in fondo poteva andar peggio. Potevano avere davvero Walter Veltroni.
L’ex sindaco di Roma nel Continente Nero non c’è mai andato, malgrado le promesse eque e solidali fatte un po’ avventatamente. In compenso, dopo la fine della sua carriera politica si è riscoperto intellettuale e scrittore. Il che sarebbe anche sopportabile, se solo a ogni nuovo libro di “Uolter” non ci toccasse il blitzkrieg del bel mondo culturale che fa quadrato attorno al nuovo Baricco. Macché, al nuovo D’Annunzio. Esageriamo: forse si tratta addirittura del nuovo Dante.
Se ne sarà accorto chi avrà comprato i giornali ieri, giorno d’uscita nelle librerie di Ciao, edito da Rizzoli (pp.252, euro 18,50). La trama del libro è intima e sofferta: Veltroni, che ha perso il padre all’età di un anno, immagina di incontrarlo oggi e di rivolgergli tutte le domande che non gli ha mai fatto. Un tema delicato e doloroso, che suscita immediata empatia. Ma a tutto c’è un limite. E invece no.
In vena lirica, Pierluigi Battista ha per esempio parlato, sul Corriere della sera, di una «cerimonia degli addii», una «indagine scrupolosa e tenera», un «ritratto vivido e appassionato». Ugualmente ispirato Massimo Gramellini, che su La Stampa ha spiegato: «Il libro non è una risposta, ma una domanda infinita», una «ricerca intensa», scritta «sotto il linguaggio asciutto e a tratti percorso da una vena di timidezza».
Michele Serra, su Repubblica, si lascia sfuggire che a scrivere il libro non è stato mica un tizio qualsiasi, bensì «uno dei più importanti leader dell’età repubblicana» (perché essere di manica così stretta, sotto la monarchia abbiamo forse avuto statisti migliori?).
Il tutto, ovviamente, in articoli lunghissimi, emotivissimi, personalissimi, tanto che non si capisce se sia solidarietà generazionale o castale. In entrambi i casi un po’ di dignità non guasterebbe.
Del resto stroncare Veltroni non è mai stato considerato educato fra chi piace alla gente che piace. L’opera d’esordio La scoperta dell’alba fu paragonato da Dacia Maraini a Pirandello e Conrad, con qualche «zoom elegante alla Tarkovskij». Giancarlo De Cataldo scomodò García Márquez e Borges. Noi, altro romanzo, si guadagnò la copertina del Venerdì di Repubblica e fu addirittura candidato al premio Strega.
Per uno che si era fatto conoscere allegando le figurine Panini all’Unità da lui diretta è un bel salto di qualità.
Adriano Scianca
2 comments
I libri di Veltroni sono tutti scarsissimi dal punto di vista letterario, scritti male, con una prosa obesa di ovvietà e di immagini inutili tipica di chi non ha talento. ma ti frega con il soggetto, sempre politically ipercorrect, contro il quale non puoi andare anche se non gli devi la scontata solidarietà di casta dei politici e dei giornalisti. Chi si sente di criticare un orfano ? O una famiglia rimasta sotto un bombardamento ? (Noi) O delle interviste a dei bambini (film, la vetta più oscena e impudente del veltronismo, leggere il commento di Goffredo Fofi a I bambini sanno un esempio di manipolazione e circonvenzione di minorenni (forse) inconsapevole ,illuminante sull’intero mondo veltroniano. Comunque sia, ad ogni nuova uscita del N(M)ostro, una più scarsa del’altra , tutti a gridare al capolavoro. Cosi è se vi pare.
A me no.
P.S. Per rendergli giustizia dirò che come politico è stato incommenurabilmente più abile , anche se tutti i meriti acquisiti non bastano per me a perìdonargli i libri e i film che ha prodotto. Vincenzo
bravo Vincenzo; veltroni è un asino noioso e annoiato con manie di grandezza che non ha, tutte ispirate all’arte…che non ha! ahahah