Roma, 28 ago – C’è o ci fa? L’impressione è che ci faccia. Ignazio Marino sembra aver deciso non solo di rovinare Roma, ma anche di indispettire fino all’ultimo romano, di destra o di sinistra che sia.
L’ultima genialata di quest’uomo – palesemente inadatto al ruolo conferitogli e che per compensare tale handicap decide di fare dispettucci a ripetizione alla più sacra delle città – è stata quella di starsene ai Caraibi mentre il Consiglio dei Ministri decideva se sciogliere la sua città per infiltrazione mafiosa.
L’esito negativo era largamente anticipato, ma certo mostrare un minimo di partecipazione alle sorti di questa città disgraziatamente finitagli tra le mani sarebbe stato opportuno. E invece no, la vacanza continua.
Direttamente dalla spiaggia tropicale, tuttavia, arriva un commento surreale del primo cittadino, in cui si legge: “Non posso che dirmi soddisfatto per le decisioni importanti, attese e positive che arrivano dal governo”. E meno male.
In fondo si è trattato solo dello scioglimento di Ostia e del commissariamento di fatto di ben otto ambiti del Comune di Roma, che vuoi che sia.
Peraltro Alfano ha anche sottolineato che “è indubbio che il lavoro svolto dalla commissione di accesso abbia evidenziato una situazione amministrativa caratterizzata da gravi vizi procedurali. La legge prevede il commissariamento, ma abbiamo ritenuto che per questo non sussistessero i presupposti e che ci fossero invece per un supporto del Viminale allo scopo di cambiare la rotta”.
Bene, ora che hanno messo il badante a Marino e lo hanno anche bacchettato in pubblico, il sindaco di Roma potrà continuare a scrivere il suo libro di memorie al sole dei Caraibi (non è uno scherzo: nel pieno della bufera Marino sta davvero scrivendo un libro come un vecchio reduce di guerra). Ci fa, ci fa. Ma un po’ forse c’è.
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